sapere2
sapére2 (ant. o dial. savére) v. tr. [lat. volg. *sapēre, per il lat. class. sapĕre «aver sapore; esser saggio, capire», che in epoca tarda ha sostituito nel sign. il lat. class. e letter. scire] (pres. indic. so 〈sò〉 [radd. sint.; ant. o dial. sàccio, sappo, sao], sai [ant. sapi], sa [radd. sint.; ant. o dial. sape], sappiamo [ant. sapiamo, ant. o dial. sapémo], sapéte, sanno [ant. o dial. sàcciono]; pres. cong. sàppia, ecc. [ant. o dial. sàccia, ecc.]; imperat. sappi [ant. o dial. sacci], sappiate; fut. saprò, ecc. [ant. saperò, ecc.]; condiz. saprèi, ecc. [ant. saperèi, ecc.]; pass. rem. sèppi, sapésti, sèppe, sapémmo, sapéste, sèppero; part. pass. saputo, ger. sapèndo [ant. sapièndo o sappièndo]; le altre forme sono regolari). – 1. In genere, conoscere, avere cognizione di qualche cosa. In partic.: a. Possedere una nozione o un gruppo di nozioni, per averle apprese con lo studio, con l’applicazione intellettuale, o per averle ricevute dall’insegnamento, dalla tradizione, ecc.; seguito da un infinito: saper leggere e scrivere; saper disegnare; saper parlare molte lingue (ma anche s. molte lingue); saper suonare uno strumento; seguito da un sostantivo: s. la grammatica, la matematica; s. la storia, la geografia; s. l’inglese, l’arabo, il latino, il greco; sa tutte le regole del gioco. Con riferimento a una singola e determinata nozione (spec. in frasi interrogative): sai in che anno si tenne la Conferenza di Jalta?; sapete quante sono state le guerre d’indipendenza? Con riguardo all’apprendimento e alla conservazione mnemonica di nozioni: s. una poesia a mente, un brano a memoria; l’attore non sa ancora bene la parte; il mio compagno è stato interrogato ma non sapeva la lezione. Relativamente alla quantità delle nozioni possedute, all’ampiezza o ai limiti di quanto si conosce: ne sa più lui di cento dottori; pop., s. un sacco, un mucchio di cose; lui sa sempre tutto! (spesso in tono iron., di chi pretende di dire la sua su ogni argomento); si dà tante arie, ma poi non sa mai niente; so una cosa sola, di non saper nulla, detto attribuito a Socrate (per lo più citato nella forma latina: hoc unum scio, me nihil scire). Specificando il modo del conoscere: sa molto bene la letteratura latina; non c’è nessuno che sappia la fisica come lui; all’esame l’alunno ha saputo poco e male; s. qualcosa come il paternostro, come l’avemmaria, a menadito, per filo e per segno, averla imparata molto bene ed esser capace di ripeterla a memoria o con grande scioltezza. b. Seguito da un compl. partitivo, conoscere in modo non approfondito, non sistematico, o più genericam. intendersi di qualche cosa: s. un po’ di tutto; s. di medicina, di letteratura, di pittura, averne qualche nozione: «Oh! suggerire a lei che sa di latino!» interruppe ancora il bravo (Manzoni). c. Con uso assol., esser colto, avere cultura, senno, esperienza: l’uomo tanto più vale quanto più sa; Ché perder tempo a chi più sa più spiace (Dante); con valore antonomastico: Vidi ’l maestro di color che sanno (Dante), il maestro dei sapienti, cioè Aristotele. Con riferimento a un particolare settore di conoscenza, di preparazione o di esperienza: penso sia meglio rivolgersi a uno che sappia (che s’intenda di ciò che ci interessa); avrai anche studiato, ma il fatto è che non sai (non conosci la materia, non sei preparato e sim.). 2. a. Possedere quelle nozioni, soprattutto pratiche, che s’acquistano col tirocinio, con l’esperienza, con l’esercizio: s. il proprio mestiere; s. il fatto proprio, conoscere bene tutto quanto ha relazione con la propria attività o professione (un meccanico che sa il fatto suo; nonostante sia molto giovane, è un medico che sa il fatto suo). Seguito da un infinito, da una prop. oggettiva o interrogativa indiretta: s. ballare; s. nuotare; s. guidare l’automobile, pilotare un aereo; s. andare in bicicletta; e riferendosi a nozioni più particolari e più spicciole: non saprebbe distinguere un’ortica da una rosa; non sai nemmeno qual è la tua destra! Aver imparato, aver acquisito l’esperienza necessaria a fare qualcosa, a tenere un dato comportamento, ecc.: il bambino sa già parlare, sa camminare; anche riferito ad animali: è un cavallo che sa tornare a casa da solo; è un ottimo cane, sa stanare la selvaggina come pochi. b. In alcune locuz., con riferimento all’astuzia acquisita con l’esperienza o posseduta per natura: le sa tutte quel furbone!; saperne una (o un punto) più del diavolo, sapere dove il diavolo tiene la coda, dare prova di grande astuzia; saperla lunga, essere furbo, o anche sapere più di quanto si ha intenzione di dire (la sa lunga, lui!; è uno che la sa lunga); la sai lunga ma non la sai raccontare (frase prov.), sei furbo, ma non abbastanza per darla a bere a me; chi sa il gioco non l’insegni (prov.), chi conosce il segreto, gli espedienti per raggiungere uno scopo, non lo faccia sapere agli altri per non esserne danneggiato. c. Conoscere per esperienza, per prova fatta: sappiamo tutti come va il mondo; sei giovane, ancora non sai cos’è la vita; nell’uso letter., s. la povertà, la miseria, la degradazione del vizio, averle provate; Con la penna che sa le tempeste (Carducci); Le gracili membra non sanno Lo schianto, non sanno l’amplesso (Pascoli); con costruzione intr., s. delle cose del mondo, s. del mondo (ma anche s. le cose del mondo), avere esperienza degli uomini e del loro modo di procedere: Del mondo seppi, e quel valore amai Al quale ha or ciascun disteso l’arco (Dante); tu, che se’ uomo e vai attorno e dovresti sapere delle cose del mondo ... (Boccaccio); con partic. riferimento a esperienze dolorose o comunque faticose: so (più esplicitamente so per prova, per esperienza) che cosa sia la fame; so io quel che costa allevare i figli. In senso fig., riferito a parti del corpo o a cose inanimate: quanta fatica ci vuole, lo sanno le mie povere ossa; se la strada è lunga lo sanno le mie gambe. 3. a. Con sign. più generico, avere notizia di un fatto, di una condizione, di un modo di essere: sai come si chiama (o sai il nome di) quell’attrice?; sai dov’è la leva dei comandi?; scusi, sa dov’è via Parini?; sa che ora è?, che giorno è oggi?, o anche mi sa dire l’ora?, sa dirmi che giorno è oggi?; ora ne so quanto prima, detto da chi, chiedendo spiegazioni o informazioni, riceve risposte vaghe o incomplete, per cui rimane con la stessa ignoranza o incertezza di prima. Anche, essere a conoscenza di determinati fatti o avvenimenti, per esserne stato informato, per averne avuta comunicazione, per visione diretta e sim.; seguito da un compl. oggetto: ho saputo tutto; quella pettegola sa vita, morte e miracoli di tutto il vicinato; la polizia sapeva già i nomi dei rapinatori; la sai la novità? (domanda spesso soltanto formale, equivalente a «vuoi che ti dica la novità»); sai una cosa? (cioè «vuoi saperla? desideri che te la dica?»); seguito da un compl. indeterminato: lo so e non lo so, di ciò su cui non si è (o si vuol far credere che non si sia) ben informati; talora assol., per ellissi: è meglio non parlare, quando non si sa (se si ignora di che cosa si tratti, se non si conosce la questione e sim.). Seguito da prop. oggettiva: so che tua madre sta per arrivare; sai bene che in questa zona è vietata la pesca; il giorno dopo sapemmo che la condanna era stata pronunziata, e andato in vescovado potei vedere la pergamena, e parte ne copiai sulla mia tavoletta (Umberto Eco); con un part. pass., o altra costruzione ellittica in funzione di prop. oggettiva: lo sapevo già partito; sono contento di saperti felice. Seguito da prop. interrogativa indiretta: sai di che si tratta?; nessuno sa chi sia e da dove venga; sa chi sono io? (e in tono di sussiego, di presunzione, di minaccia: lei non sa chi sono io!); so perfettamente com’è andata; nessuno sa come sia arrivato fin qui; so perché non si fa mai vedere; con costrutti equivalenti: sai che ci sia nessuno che possa ripararmi la bicicletta? (meno com.: sai nessuno che possa ...?); spesso con un compl. di argomento: s’è saputo più nulla di lui?; so molte cose sul suo conto; ciò che sappiamo basta per trarre delle conclusioni; ne so quanto te; ho chiesto in giro, ma nessuno ne sa niente; o con costrutti ellittici: appena saprai del suo ritorno, avvisami; sapevi già della riunione? In espressioni partic.: tutti sanno, impers. si sa da tutti, o, con costrutto passivo, è saputo da tutti che ..., o, in forma negativa, non c’è chi non sappia che ..., è cosa nota, nessuno ignora; scherz., sassi, si sa, con l’inversione frequente un tempo nell’uso letter. e poet. (cfr. Dante, Purg. XXXI, 39: da tal giudice sassi!). b. Con valore incoativo, apprendere, essere informato, e quindi acquistare nozione di un fatto: devo sempre saperle dagli altri certe cose!; come hai fatto a saperlo?; cerca, se puoi, di sapere qualcosa di più; venire a s., lo stesso che sapere (spero che la cosa non si venga a s.; nei paesi si viene sempre a sapere tutto); in senso fig.: la tua sinistra non sappia quello che fa la tua destra, frase biblica (Matteo 6, 3: nesciat sinistra tua quid faciat dextera tua) che raccomanda la segretezza nel fare l’elemosina. Retto da verbi di volontà: desideri (o vuoi) s. altro?; vuol sempre s. i fatti degli altri; sarebbe troppo se volessi saperne di più?; è da te che lo voglio s., non da lui; vorrei s. se è vero; vorrei s. chi te lo ha detto; con sign. particolare, non volerne s. (di qualcuno, di una cosa), disinteressarsene, non volersene più occupare, non volere averci a che fare, e sim.: fai ciò che vuoi, io non ne voglio s. nulla; se la sbrighino fra loro, io non ne voglio più s.; costruito con un infinito preceduto dalla prep. di, non voler assolutamente compiere l’azione espressa dall’infinito stesso (non vuole saperne di lavorare; non ne volevano s. di andarsene). Frequente la locuz. far s., informare, riferire, sia direttamente a voce, sia mediante comunicazione scritta o telefonica, o per interposta persona: fammi s. se ci vai o no; quando ti sarai deciso, fammi s. qualcosa; m’ha fatto s. che non ha intenzione di accettare; fategli s. che l’affare è andato a monte. Con altra sfumatura, esser messo a parte di una notizia, un fatto, un avvenimento: Ma se a te piace, volontier saprei Quanto avemo ad andar (Dante); è usato soprattutto nel pass. prossimo: da chi (anche per bocca di chi) l’hai saputo?; l’ho saputo da lui, dai giornali, dalla televisione; anche senza indicare la fonte: ho saputo che ti sposi; s’è saputo che era tutta una montatura; ellitticamente: hai saputo del povero Giuseppe?, alludendo a una disgrazia, a un incidente, a una malattia, alla morte; anticam. nella forma impers. passiva: la mattina seguente fu saputo per tutta la contrada che questa cosa era stata (Boccaccio). c. Nel linguaggio letter., con gli usi e la costruzione di conoscere: L’Antica gloria e ’l celebrato onore Chi non sa della Medica famiglia ...? (Poliziano); con soggetto di cosa: Cercato ho sempre solitaria vita, Le rive il sanno e le campagne e i boschi (Petrarca). Con un compl. predicativo dell’oggetto: la so donna onesta, la conosco come tale. d. Con uso partic., volendo rivolgere l’attenzione o il ricordo della persona con cui si parla a luoghi o persone che si presume le siano noti (con sign. analogo a «ricordare, avere presente»): voi sapete bene il legnaiuolo dirimpetto (Boccaccio); sai quella ragazza che abitava sopra di noi?; sapete la stradina in fondo al viale? In frasi con pron. relativo, facendo allusione a persone o cose note ma che, per motivi di discrezione e riservatezza, non si vogliono nominare o precisare: l’affare che tu sai; quel che voi sapete; digli che, per la faccenda che lui sa, non se ne fa più nulla. e. Come risposta, si usa in luogo del semplice sì quando la domanda già contiene il verbo sapere («Sai che domani è vacanza?» «Lo so»); in altri casi, espressione con la quale si dichiara di essere già a conoscenza di quanto viene comunicato (o suggerito, consigliato, minacciato, ecc.) e di ritenere perciò superflui l’informazione, il suggerimento, il consiglio, ecc.: lo so!, è inutile che tu me lo ripeta ancora; lo sapevo, lo sapevo già, lo so da me, lo so benissimo da me, lo so anche da me. In risposte negative o di valore negativo (che spesso però hanno piuttosto carattere evasivo), assume forme e toni molto varî: non lo so, non lo so proprio; non so nulla; non ne so nulla io; e chi ne sa niente!; e chi ne sapeva nulla!; io ne so quanto voi; bisognerebbe saperlo!; in tono più marcato: che ne so!; ne so assai io!; so assai!; so di molto!; ne so di molto io!, e sim. 4. a. In espressioni fraseologiche: se tu sapessi! ...; oh, se sapessi! ...; se sapeste! e sim., usate per anticipare o introdurre il racconto di fatti gravi, dolorosi, o anche soltanto spiacevoli (se tu sapessi quello che m’è capitato!; ah, se sapeste quanto sono stata in pena!); con valore più generico: Se voi sapeste!... via, non fo per dire, Ma oggi sono una celebrità (Carducci). Lei sa benissimo che ..., tu sai meglio di me che ... e sim., formule introduttive nel ricordare cose ovvie o note, ma usate anche con funzione stilistica e con valore asseverativo (sai quanto io tenga a questo lavoro; sai bene che io non ho alcuna ambizione; sapete meglio di me che non faccio questo per soldi). Si sa, inciso che viene interposto in una frase per affermare che un fatto è ricorrente e quindi ovvio, risaputo (l’uomo, si sa, è cacciatore; la colpa, si sa, è sempre mia). Lui solo lo sa, Dio solo lo sa, e sim., per fare riferimento a cose di natura ignota, di significato oscuro, le cui cause siano incomprensibili (che cosa abbia voluto dire, lo sa lui solo; perché si comporti così, Dio solo sa); con altro senso, Dio sa, in principio di frase, con funzione efficacemente asseverativa, quasi a chiamare Dio a testimone di quanto si afferma o si nega (Dio sa se vorrei vederlo contento; Dio solo sa quello che ho fatto per lui). Con valore restrittivo, per quanto io sappia, che io sappia, che sappia io, e, con la particella pron. in funzione rafforzativa, che io mi sappia, per quanto è a mia conoscenza (che io sappia, non è venuto nessuno); letter. raro, con lo stesso sign., l’infinito sostantivato: a mio sapere egli non s’indirizzò a nessuno di costoro (Svevo). Se qualcuno lo vuol s.; chi non lo sapesse; se lo vuoi s.; se lo volete proprio s.; se vi preme saperlo e sim., espressioni che sottolineano, talvolta in tono seccato o stizzoso, l’importanza di quanto si dice o si spiega (questi soldi, se proprio lo vuoi s., li ho avuti in eredità; questa canzone, per chi non lo sapesse, l’ho composta io). A saperlo!; averlo saputo! (cui talvolta fa seguito prima, allora), espressioni di rammarico per aver perduto una buona occasione o per essersi regolati in maniera diversa da come si sarebbe fatto conoscendo come stavano veramente le cose (averlo saputo prima, non avrei venduto la casa). b. Nell’imperativo, e in forme equivalenti, ha valore che va dal tono ammonitorio alla semplice funzione stilistica di introdurre un’informazione, una notizia, un racconto (in ogni caso, allo scopo di richiamare l’attenzione dell’interlocutore): sappiate che non tollero ritardi; sappi che questa è l’ultima volta che ci vediamo; dovrai rendere conto di tutto a me, sappilo bene!; voglio che tu sappia che la cosa non finisce qui; desidero che sappiate che intendo dare le dimissioni; introdotto dai verbi dovere e bisognare, spesso in principio di una narrazione; Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino (Dante); dovete dunque sapere che, in quel convento, c’era un nostro padre, il quale era un santo, e si chiamava il padre Macario (Manzoni); bisogna s. che in quel tempo la vita era molto dura; costruito con il verbo avere, con tono più sostenuto: avete da s. che c’è ancora molto da fare; hai da s. che ho deciso di prendere dei provvedimenti; ti o vi basti s. che ..., mettendo in evidenza un fatto che si ritiene il più significativo fra quanti se ne potrebbero citare a dimostrazione di ciò che si afferma, o anche per dare un’idea precisa di qualcuno o qualcosa: ti basti s. che per vederti ho rinunciato a tutti i miei impegni. c. Sai, sa, sapete, forme che a volte hanno un tono interrogativo, a volte intonazione esclamativa, o anche lievemente imperativa, e che, poste all’inizio di una frase o usate come inciso, hanno funzione prevalentemente esornativa, o servono a sottolineare la frase, dandole un tono più discorsivo: sai che questa pettinatura ti dona molto?; sai, un bicchiere tira l’altro, e così alla fine ci siamo ubriacati; io, sa, non ci rimetto nulla; non abbiamo poi deciso niente, sapete; alla fine, sai, io ti pianto qui e me ne vado; seguite da com’è e sim., servono a sottolineare l’ovvietà, la naturalezza di un determinato fatto o comportamento, o di quanto si sta dicendo: sai com’è, nessuno è perfetto; lui, sapete come vanno queste cose, se l’è legata al dito. Alla fine di una frase, sai, sa, sapete, confermano quanto precede, o ne rafforzano il tono di stizza e minaccia: ti ho visto, sai?; m’avete seccato, sapete!; e non aprire bocca, sai! d. Frequente l’espressione chi sa, seguita da prop. dubitativa o interrogativa, o da un avv. interrogativo, per esprimere ignoranza, dubbio, incertezza: chi sa come andrà a finire; chi sa dove s’è cacciato; chi sa perché non è ancora arrivato; è andato chi sa dove (anche per riferirsi a luoghi lontanissimi); è riuscito, chi sa come, a cavarsela; chi sa perché è tornato. Con uso assol., nelle risposte, per non rispondere con un sì o un no decisi, o come dichiarazione di probabilità: «Credi che mi vorrà ricevere?» «Mah, chi sa!» (v. anche la grafia unita chissà, con sign. proprio). Usato come inciso, lascia aperta ogni possibilità ed eventualità: chi sa, può darsi che prima o poi ci si veda; forse, chi sa, lui spera ancora che lei ritorni. Davanti a pronomi o avverbî interrogativi, esprime, enfaticamente, molteplicità o grandezza: saranno chi sa quanti!; chi sa come gli deve esser dispiaciuto!; si crede chi sa chi! (o chi sa chi si crede di essere), con riferimento a persona che si dà molte arie (in questi casi è più usata la forma unita chissà). 5. a. Avere coscienza, rendersi ben conto, esser consapevole: non temere, so quel che faccio; so quello che dico; sa lui ciò che fa; non sa quello che dice, di chi parla senza riflettere; menti e sai di mentire; non sapete ciò che vi può capitare; non sapeva più in che mondo fosse; l’ho fatto così, senza saperlo; rideva, senza s. di che. b. Aver chiaro in mente, non avere dubbî, aver già deciso: so io quel che farò; so a chi devo rivolgermi; e ora, sai dove andare?; voi sapete qual è il vostro dovere; sa sempre ciò che vuole, di persona dalle idee lucide e concrete (al contrario, non sa mai quel che vuole, di persona indecisa). Anche, conoscere i mezzi, le vie, più adatti per raggiungere un determinato fine o effetto: so io come farmi obbedire; so io quel che ci vuole; so io la medicina che fa per lui; sapremo noi come fargli tirar fuori i soldi; mah!, saprà lui come sbrigarsela; con negazione: non so come fare, dove andare, come tirare avanti; non saper dove battere il capo (o la testa), v. battere, n. 5 a; non s. che pesci prendere, v. pesce, n. 1 d. c. Prevedere, conoscere in anticipo: sapevo che prima o poi sarebbe andata così; pagherei per s. come si concluderà la faccenda; già lo sapevo, già si sapeva, già lo dovevo s., espressioni dette con ironia o stizza, quando si verifica qualcosa di spiacevole (ma io già lo sapevo che la gita sarebbe finita male). 6. a. Possedere una capacità, naturale o acquisita, un’abilità particolare (è di solito seguito da un infinito): non basta adunque in Italia il saper governare uno esercito fatto, ma prima è necessario saperlo fare e poi saperlo comandare (Machiavelli); sapersi frenare, dominare; bisogna anche sapersi contentare; non sa ragionare; tu non sai discutere; non sapersi vestire, non avere gusto nello scegliersi gli abiti; un oratore che sa trascinare la folla; non c’è nessuno che sappia raccontare le barzellette così bene come lui; sa molto bene darla ad intendere; sa rendersi simpatico; tu non sai vivere, sei troppo ingenuo; è uno che ci sa fare; saper stare al mondo, saper vivere, sapersi comportare in modo adeguato, e anche con una certa abilità, nelle situazioni più diverse; per le locuz. sostantivate il saper vivere, il saper fare, v. le corrispondenti francesi savoir-vivre, savoir-faire. Anche, essere in grado, riuscire a fare qualcosa: sa benissimo cavarsela da sé; possibile che tu non sappia stare un momento zitto?; sapresti mantenere un segreto?; in frasi di rifiuto: no, grazie, so fare da me; non mi date consigli, so sbagliare da me (frase proverbiale). Talora riferito a parti del corpo, in partic. ai sensi: ha un occhio che sa misurare le distanze; ha un orecchio così fine che sa percepire le minime differenze di tono. Esser capace di fare qualcosa, per averne acquisita la relativa abilità: non sa neanche battere un chiodo; è un esercizio che chiunque saprebbe eseguire. b. Come rafforzativo di potere: vi prometto che farò quanto so e posso; o come sinon. di potere: non so credere che tu sia qui; non sapevo capacitarmi che tutta quella gente fosse venuta per me; non saprei farne senza; te l’ho chiesto per sapermi regolare. Comportandosi come verbo servile, può avere l’ausiliare essere quando lo richieda l’infinito che esso regge: il Saladino conobbe costui ottimamente essere saputo uscire dal laccio (Boccaccio); nell’uso com., questo avviene soprattutto quando il verbo dipendente ha coniugazione pronominale: non si è saputo far strada nella vita. c. Con funzione enfatica, spec. in frasi negative, esser capace: non so dirti quanto ti sono grato; non so dirvi la gente che c’era; non saprei descrivervi la bellezza di quel luogo. Nell’uso com., con valore pleonastico: saprò io farmi rispettare; dirò tutto alla mamma, e saprà lei come punirti. Con valore puramente fraseologico: non ha saputo ottenere nulla; non seppe resistere alla tentazione di rivelare tutto; non sa fare altro che lamentarsi; in alcune espressioni tipiche dell’uso fam.: sappimi dire qualcosa al riguardo; prova tu, e me lo saprai dire!, per affermare che una cosa è veramente così, oppure ironicam., invitando qualcuno a fare esperienza di ciò che è meno facile o meno piacevole di quanto egli creda; ti so dir io, vi so dir io, ti o vi assicuro: ti so dir io che ce ne vuole, di pazienza!; se non correvo subito in suo aiuto, ti so dir io che a quest’ora era all’altro mondo. 7. In frasi negative: a. Nel presente indic., seguito da un pron. o avv. interr., forma locuzioni (non so chi, non so che, non so come, non so dove, non so quando, non so perché) che accennano a persona, cosa, modo, luogo, tempo, causa, lasciandoli indeterminati; analogam., e non so chi altro, e non so che altro, e non so dove altro (o chi, che cosa, dove ancora), ecc., nel concludere un’enumerazione; per il valore sostantivale della locuz. non so che, nelle espressioni un non so che, un certo non so che, v. non so che; enfaticamente, non so chi, qualsiasi persona, non so che, ogni cosa, non so dove, in qualsiasi luogo (è così falso che ingannerebbe non so chi; farei non so che, pur di averlo; preferirei essere non so dove, piuttosto che qui). b. In altri casi, esprime dubbio o incertezza, spec. quando regge una prop. interrogativa indiretta: è successo non si sa come, o non si sa perché (sottint. sia successo). Seguito da un infinito: non so che dire, non so che dirti, non volendo o non sentendosi in grado di dare un consiglio, di esprimere un parere; non so che fare, sono indeciso sul da farsi; non so che farci, volendo esprimere la propria incapacità a trovare un rimedio, o la volontà di non intervenire in aiuto di qualcuno. Con la cong. dubitativa se: non so se credergli o no; non so se gli si possa affidare un compito così delicato. c. Talvolta ha sign. affine a «capire»: non so come ci sia riuscito; non so come possa ancora sperare. d. Con funzione soprattutto fraseologica: non so che cosa ti sia saltato in mente; non so che cosa mi trattenne dal prenderlo a schiaffi. Con riferimento a fatti o situazioni spiacevoli: non so per quale destino capitino tutte a me; Or par, non so per che stelle maligne, Che ’l cielo in odio n’aggia (Petrarca). e. Con più accezioni la locuz. non si sa mai; seguita da prop. interrogativa indiretta, esprime il ripetersi di una situazione d’incertezza: in casi come questi, non si sa mai come comportarsi; oppure lascia aperta ogni possibilità ed eventualità, anche le più sfavorevoli: sii prudente, non si sa mai quello che può succedere; e così in incisi, o in usi ellittici: prendi l’ombrello, non si sa mai, potrebbe piovere; è meglio portare un po’ di soldi con noi, non si sa mai; da certa gente, non si sa mai, è meglio stare alla larga. f. Non saprei, risposta ellittica che dimostra incertezza, ma si usa anche per evitare garbatamente di prendere o di proporre una decisione: «Preferisci che t’accompagni?» «Non saprei»; «Credi che debba essere severa con lui?» «Non saprei». 8. In alcuni dei sign. che precedono, il verbo è coniugato talvolta con la particella si, in funzione rafforzativa: Iddio si sa qual poi mia vita fusi [= si fu] (Dante); anche nell’uso com.: che io mi sappia, che io sappia, per quanto ne so. Spesso la particella si va unita al verbo dipendente: non sa che si fare (e analogam., non sapevo che mi fare); non sapeva più in che mondo si fosse, e sim. Di uso scherz. l’espressione sapevàmcelo, ce lo sapevamo, lo sapevamo benissimo, detta anche da persona singola, soprattutto quando viene annunciata o ricordata cosa ben nota. 9. Nell’uso ant. nella locuz., saper grado a qualcuno di qualche cosa, essergliene grato (v. grado2): di ciò che iersera vi fu fatto, so io grado alla fortuna più che a voi (Boccaccio). 10. Con uso intr.: a. Aver sapore (conforme all’originario sign. latino), e anche aver odore di: sa d’aceto questo vino; s. di rancido, di muffa, di stantìo; l’arrosto sa un po’ di bruciato; Tu proverai sì come sa di sale Lo pane altrui (Dante; qui in senso fig.); queste sigarette sanno di menta; stanze che sanno di chiuso; la biancheria sa di pulito; non ti mettere in cammino, se la bocca non sa di vino (prov. tosc.); non com., aver cattivo odore: poi che ’l tristo puzzo aver la parve Di che il fetido becco ognora sape (Ariosto). Genericam., s. di buono, avere buon sapore; anticam. anche saper buono: la vera astinenzia è temperarsi dalle cose che sanno buone alla bocca (Fior. di s. Franc.); non s. di nulla, di niente, essere senza sapore, anche fig., di persona, di scritto, di discorso, di opera musicale o artistica (cfr. insipido, insulso, scipito). In usi fig.: le sue parole sapevano d’adulazione; la sua richiesta mi sa di ricatto; quel tipo mi sa di un poco di buono, ha l’aspetto, dà l’impressione d’esser tale. b. Per estens., spec. nell’uso ant., mi sa male ..., mi dispiace, giudico cosa non buona, mi pare mal fatto, e sim.: gli seppe male che l’amico non fosse sincero con lui; mi saprebbe male non aiutarlo, potendo; male gli sapeva non potere difendere i suoi sudditi (Machiavelli). Analogam.: mi sa peggio, mi dispiace di più, mi pare cosa più grave, e sim.; al contrario, mi sa meglio, mi par meglio, mi è più gradito, preferisco (propr., trovo che ha miglior sapore, e quindi mi piace di più). Più genericam., nell’uso fam., mi sa, mi pare, ho l’impressione che: mi sa che questa volta non ce la fai; spec. di fatti che si prevedono da indizî: mi sa che vuol piovere; mi sa che tutto stavolta finisce male; mi sa che quelli ci vogliono imbrogliare. Sempre col sign. di «parere»: mi sa mill’anni che ..., mi sa mill’anni di ..., non vedo l’ora. ◆ Il part. pres. manca (sapiènte ha solo funzione di agg. o di sost.: v. la voce). ◆ Per il part. pass. saputo, è da notare l’uso passivo quando è verbo servile, in frasi come: le cose non sapute fare, la collera saputa frenare, e sim. (normale il passivo nel senso di conoscere: è una cosa saputa da tutti; e rinforzando: cosa saputa e risaputa, anzi saputissima). Per l’uso come agg., v. saputo.