sarcofago
sarcòfago s. m. [dal lat. sarcophăgus, e questo dal gr. σαρκοϕάγος, propr. «che mangia, che consuma la carne, carnivoro» (comp. di σάρξ σαρκός «carne» e -ϕάγος «-fago»), in origine agg., riferito a una pietra calcarea che consumava rapidamente i cadaveri, poi sostantivo (masch. in latino, femm. in greco)] (pl. -gi o -ghi). – 1. Urna sepolcrale di pietra, marmo, legno, terracotta o metallo, per lo più monumentale e ornata da bassorilievi, altorilievi o disegni policromi; si ritiene sia stato usato inizialmente in Egitto a partire dalle dinastie dell’Antico Regno e poi abbia avuto larga diffusione nell’area d’influenza della cultura greca, punica, etrusca e romana, fino al periodo paleocristiano e bizantino: un s. greco, etrusco, romano; un s. di alabastro; un s. marmoreo; il s. policromo di Alessandro Magno, risalente al 4° sec. 2. Con l’originario sign. etimologico: a. Nel linguaggio letter. (ant. e raro), pietra calcarea orientale cui si attribuiva la proprietà di consumare rapidamente i cadaveri: non lontano da Assone di Troade, vi è una pietra chiamata sarcofago che in un subito consuma i corpi (L. B. Alberti). b. Nel linguaggio medico, la cavità ossea in cui, nell’osteomielite, è contenuto il sequestro, cioè il frammento di osso più o meno alterato.