saziare
v. tr. [dal lat. satiare, der. di satis «abbastanza»] (io sàzio, ecc.). – 1. Soddisfare completamente l’appetito, il desiderio di cibo o di un determinato cibo: s. la fame (meno com., la sete); s. un affamato; s. qualcuno di dolci; non so più con che cosa saziarvi; ce ne vuole, a s. questi ragazzi!; ant. o poet., s. il digiuno; rendere sazio, dare un senso di sazietà: la polenta mi ha saziato; talora, nauseare, stuccare: tutta quella panna mi ha saziato; anche assol.: i piatti troppo conditi saziano subito. Nel rifl., mangiare (o anche bere, se liquidi sostanziosi) a sazietà, fino a non avere più desiderio di cibo: saziarsi di patatine fritte, di pasticcini; non ho più voglia d’altro, mi sono saziato con gli antipasti (o con la tazza di cioccolata che m’hai dato); mangia come un lupo, non si sazia mai. 2. Per estens., soddisfare completamente, appagare, con riferimento a desiderî, sentimenti, passioni, esigenze spirituali: s. la propria sete di sapere; s. l’ambizione, il desiderio di vendetta; lasciami saziar gli occhi di questo tuo viso dolce (Boccaccio); come traslato poet., anche riferito a cosa: per mezza Toscana si spazia Un fiumicel che nasce in Falterona, E cento miglia di corso nol sazia (Dante), non gli bastano, non gli sono sufficienti. Nella forma intr. pron., sentirsi pago, appagato, soddisfatto: non si sazia di guardarla; è una musica così bella che non mi sazierei mai di ascoltarla; Io veggio ben che già mai non si sazia Nostro intelletto, se ’l ver non lo illustra (Dante); prese ad uscire tutti i giorni senza saziarsi del vuoto che aveva davanti a sé (Palazzeschi); ant. e poet. senza la particella si: La sete natural che mai non sazia Se non con l’acqua onde la femminetta Samaritana domandò la grazia (Dante). 3. fig. In idraulica fluviale, s. un gorgo, colmare con getto di sacchi di terra, pietre e materiali pesanti l’escavazione che le acque di piena producono davanti a un argine, per evitare che il gorgo, approfondendosi e ampliandosi, causi la rovina dell’argine stesso.