scherzare /sker'tsare/ v. intr. [dal longob. ✻skerzōn, cfr. ted. scherzen "scherzare"] (io schérzo, ecc.; aus. avere). - 1. [fare giochi o altre attività divertenti: smettila di s. con l'acqua!] ≈ divertirsi, giocare, [spec. di bambini] (non com.) baloccarsi, [spec. di bambini] trastullarsi. ‖ distrarsi. ⇓ ruzzare. 2. (estens.) a. [assol., agire o parlare senza serietà: c'è poco da s.] ≈ (lett.) celiare, ironizzare, motteggiare. ↔ fare sul serio. b. [parlare senza serietà di qualcuno o qualcosa, con la prep. su: s. su tutto] ≈ burlarsi (di), (lett.) celiare, prendersi gioco (di), ironizzare, mettere in burla (ø), motteggiare. ↔ prendere sul serio (ø). c. [trattare con leggerezza persone o cose importanti o pericolose, con la prep. con: con quel tipo non c'è da s.; non bisogna mai s. con le armi] ≈ giocare, prendere a ridere (o in riso o alla leggera o sottogamba) (ø), sottovalutare (ø). ↔ fare attenzione (a), fare sul serio, guardarsi (da), prendere seriamente (o sul serio) (ø), stare attento (a).
scherzare. Finestra di approfondimento
Modi di scherzare - S. ha un sign. molto vicino a quello di giocare e divertirsi (v. scheda giocare), ma più incentrato sull’atto e l’effetto del dire, ora inteso come «parlare in modo divertente su qualcuno», ora come «dire cose di scarsa o nulla serietà», ora come «fare ironia a scopo più o meno offensivo» (scherza coi fanti e lascia stare i santi, recita un brano famoso della Tosca di G. Puccini): si può giocare, divertirsi o scherzare con qualcuno, ma nell’ultimo caso il divertimento sarà essenzialmente verbale (raccontare barzellette, fare battute, ridere insieme e sim.), mentre negli altri due casi può comprendere attività fisiche o intellettuali di vario genere (giocare a pallone, a scacchi ecc.). Non mancano peraltro esempi di s. come giocare: il gatto scherza col topo. Se si parla senza serietà di qualcosa o qualcuno, s. è il verbo dal sign. meno intens., e rimanda a un semplice dire cose da poco o che suscitano il riso. Il verbo può essere usato anche assol., nel sign. generico di «far ridere»: è uno che scherza sempre; ha sempre voglia di scherzare. Oppure può essere usato, in enunciati esclam. (e anche assol.), nel senso di «dire cose incredibili, che suscitano meraviglia e sim.»: ma scherzi o dici sul serio?!; scherzi?!; stai scherzando?! Più formali sono celiare e motteggiare: non ti eri accorto che celiavo? (F. Tozzi); la piccola accademia del Senatore si raccoglieva in un angolo del salone a cianciar di politica, e a motteggiare sulle novelle più scandalose della città (I. Nievo). Più marcati sono prendere (o pigliare) in giro e il più formale burlarsi (di), che significano «fare battute su qualcuno, farne oggetto di derisione», oppure «ingannare»: il poliziotto crede che voglia prenderlo in giro e si fa brutto (L. Pirandello). Si hanno numerosi sinon. per esprimere questo concetto, dal fam. prendere per i fondelli, ai più ricercati prendere per il bavero o prendere (o menare) per il naso, al volg. prendere per il culo: è talmente ingenuo che viene sempre preso per i fondelli da tutti i suoi compagni. Se lo scherzare consiste esclusivam. nel fare battute offensive su qualcuno, nel rivolgerglisi con parole o espressioni a metà tra l’ingiurioso e lo scherzoso, il verbo più adatto è canzonare, con il sinon. pop. sfottere: di tanto in tanto, voltandosi in dietro, canzonava i suoi compagni rimasti a una bella distanza, e nel vederli ansanti, trafelati, polverosi e con tanto di lingua fuori, se la rideva proprio di cuore (C. Collodi); lo sfottevano per il suo modo di parlare. I più formali beffare, burlare e corbellare possono essere usati anche nel senso estens. di «ingannare»: non vorrei che amore mi corbellasse (C. Goldoni). Prendersi gioco (di) ha sign. analogo a prendere in giro, ma può spesso essere usato in senso estens., col valore di «non essere sincero», «giocare coi sentimenti di qualcuno» e sim.: quando mi dicevi che ero l’unica donna della tua vita ti prendevi gioco di me! Anche prendere in giro può talora assumere lo stesso valore: in tutti questi anni non hai fatto altro che prendermi in giro.
Ironia e discredito - Beffarsi (di), deridere e farsi beffe (di) alludono alla scarsa considerazione mostrata nei confronti di un’idea, di un comportamento e sim., non necessariamente espressa con battute o scherzi verbali: il Pulci non si sogna neppur lui di deridere la cavalleria o la religione (L. Pirandello); egli che s’era fatto beffe della religiosità della sorella, accusandola di bigotteria, comprendeva ora che la preghiera e la fede erano per lei un rifugio (F. De Roberto). In senso più estens., se si rende qualcosa o qualcuno oggetto di riso, e quindi non degno di molto rispetto e considerazione, il verbo più appropriato e formale è irridere: irrideva la mia timidezza. Ridicolizzare è inteso, più propriam., come «rendere ridicolo», ovvero come «trasformare qualcosa o qualcuno da originariamente serio e rispettabile a poco serio e degno di riso»: il suo discorso fu stravolto e ridicolizzato dagli avversari. Se si fa dell’ironia su qualcosa o qualcuno, il verbo specifico è ironizzare (su): ironizza sempre su tutto e su tutti, anche su sé stesso. Un grado molto più accentuato è espresso da screditare, che indica un deprivare di stima qualcosa o qualcuno, fino ad esporlo talora al disprezzo e al biasimo, più che all’ironia e alla mancanza di rispetto: smettila di screditare sempre il mio lavoro! Sinon. ancora più intens. sono disonorare, infamare, infangare, oltraggiare, svergognare e, per lo più se le accuse sono ritenute false, denigrare e diffamare, estremamente distanti dallo scherzo. Volg. è sputtanare, che talora è riferito a situazioni scherzose e che quindi si riavvicina al sign. di s. su: mio padre mi ha sputtanato davanti a tutti mostrando i miei primi compiti in classe. Decisamente più spostati verso lo scherzo sono beffeggiare e sbeffeggiare, con i sinon. più formali dileggiare e schernire, tutti peraltro connotati negativamente (poiché esprimono il desiderio di offendere, anche se con intenti e per motivi meno gravi rispetto alla serie di screditare, disonorare ecc.) rispetto al semplice s. o a prendere in giro, burlarsi ecc.: i buoni lo compiangono, i cattivi lo beffeggiano, e gl’ingrati lo abbandonano (C. Goldoni); tutti la dileggiavano per il suo modo di camminare. Sbeffeggiare esprime in più il concetto dell’esporre alla pubblica ironia o al pubblico disprezzo: sono sei mesi ch’io lo schernisco, ora lo sbeffeggerò (I. Nievo).
Tipi di scherzo - A differenza del verbo s., il sost. scherzo non è limitato a un divertimento verbale, ma può includere anche azioni volte a danneggiare (spesso senza alcuna gravità) qualcuno: i due monelli si facevano degli scherzi tremendi, come buttarsi addosso dell’acqua gelata. In quest’ultimo sign., scherzo è privo di sinon. se non attenuati (sorpresa, che però può riferirsi a qualsiasi cosa, anche seria e più o meno piacevole o spiacevole, che non ci si aspettava: il tuo matrimonio è stato per me una sorpresa), intens. (tiro, per lo più riferito ad azioni volte ad ingannare: m’hanno fatto un bel tiro, vendendomi sulla carta una casa che non verrà mai costruita), o più specifici (pesce d’aprile, soltanto per scherzi fatti, secondo la tradizione, il primo aprile di ogni anno). Di senso analogo al verbo cui si connettono etimologicamente, sono beffa (offesa in genere non grave: chi buttasse là una parola del pericolo, chi motivasse peste, veniva accolto con beffe incredule [A. Manzoni]), burla (benevola presa in giro, o scherzo, o cosa non seria, o cosa finta: vi sembra una burla anche questa, che seguitano a farla i morti la vita? [L. Pirandello]), canzonatura (presa in giro: i due amici non fecero altro che guardarsi fra loro in atto di canzonatura [C. Collodi]) e i formali celia,derisione,dileggio e scherno. Ludibrio è termine formale che indica l’esporre al biasimo per lo più collettivo: esporre al pubblico ludibrio. Su un piano decisamente più leggero, nell’ambito degli scherzi puramente verbali fatti senza l’intento di danneggiare, si hanno la battuta (o freddura, se particolarm. inaspettata, pungente, o basata sull’infrazione del senso comune) e la barzelletta (o storiella), termini con i quali si intendono delle brevissime narrazioni scherzose (in genere, più lapidaria la battuta, più lunga e discorsiva la barzelletta), che hanno come unico scopo quello di far ridere subito, senza conseguenze e, generalm., senza offese.