sciacallo
s. m. [dal fr. chacal, che è dal turco ciaqal, che a sua volta proviene dal pers. shagāl di origine sanscrita]. – 1. Nome di tre specie di mammiferi carnivori canidi del genere Canis, simili al lupo, ma con arti più lunghi e slanciati, onnivori, che si nutrono sia di piccole prede vive, sia di resti di animali più grandi uccisi da altri predatori: lo sc. dorato (lat. scient. Canis aureus), diffuso nelle savane, praterie e boschi aridi dell’Africa settentr., dell’Europa merid. e dell’Asia, fino all’India e alla penisola indocinese, lungo circa 70 cm e alto 40 cm al garrese, con mantello di colore giallo rossastro con sfumature più scure sul dorso: ha abitudini prevalentemente notturne, è molto adattabile e vive solitario o in coppie (era considerato animale sacro nell’antico Egitto e divinizzato col nome di Anubi); lo sc. dalla gualdrappa (lat. scient. Canis mesomelas), diffuso nelle boscaglie aride dell’Africa merid. e orient., con un caratteristico mantello rossastro sui fianchi e bruno scuro sul dorso; lo sc. striato (lat. scient. Canis adustus), dell’Africa tropicale, con mantello grigiastro e una striscia di peli bianchi lungo i fianchi. 2. fig. Persona che approfitta delle altrui sventure per rubare; in partic., chi, in occasione di cataclismi o eventi bellici, saccheggia case e luoghi abbandonati, deruba cadaveri o persone indifese; anche chi, nei sequestri di persona, si inserisce con false promesse nelle trattative per trarne profitto; talvolta, più genericam., persona avida, profittatrice: quegli sc. dei parenti si sono precipitati a spartirsi l’eredità.