scorgere
scòrgere v. tr. [lat. *excŏrrigĕre «guidare, accompagnare»; il sign. 1 attraverso l’idea di «accompagnare con l’occhio»] (io scòrgo, tu scòrgi, ecc.; pass. rem. scòrsi, scorgésti, ecc.; part. pass. scòrto). – 1. a. Riuscire a vedere, distinguere con la vista: s. una luce, un faro in lontananza; non riuscire a s. bene i contorni; io scorsi Per quattro visi il mio aspetto stesso (Dante); Qui scorsi Greggi erranti e tuguri (Manzoni); fig., discernere con la mente: s. un pericolo; s. i difetti altrui, ma non i proprî. b. Con senso più generico, vedere, in senso proprio e fig.: voltandosi, scorse un individuo che lo seguiva; non riesco a s. una via d’uscita. c. estens., ant. Percepire, distinguere con l’udito, riuscire a sentire e a capire: senza favellare in guisa che scorger potesse la voce (Boccaccio); Quantunque non si scorgan le parole (Pulci). 2. ant. e letter. Guidare, accompagnare per insegnare la strada o per proteggere e aiutare: Quella che già co’ begli occhi mi scorse, Ed or conven che col penser la segua (Petrarca); e per quella ... Profetica virtù, de’ Greci a Troia Avea scorto le navi (V. Monti). ◆ Part. pass. scòrto, ant. e poet. con valore verbale, guidato: Essi scorti da me vinser l’incanto (T. Tasso); di riposo Paghi viviamo, e scorti Da mediocrità (Leopardi). Per l’uso come agg., con accezioni partic., v. scòrto.