scranna
s. f. [dal longob. skranna «panca»]. – In origine, sedia dottorale, o seggio del giudice, di legno, con braccioli e con spalliera molto alta; con questo sign., la parola si è mantenuta (anche per l’influsso dantesco) nella locuz. fig. sedere a scranna, ergersi a giudice, assumere tono magistrale, soprattutto senza averne la competenza e l’autorità: Or tu chi se’, che vuo’ sedere a scranna, Per giudicar di lungi mille miglia Con la veduta corta d’una spanna? (Dante). Con sign. più modesto, di panca oppure di sedia, è invece voce viva in alcuni usi region. (rara la forma masch. scranno): Demetrio ... andò a sedersi su una s. appoggiata al muro, e si raccolse in sé (De Marchi); anche lo zio Antonio, poveretto, non era più quello di prima, e stava lì, sull’uscio dell’osteria, inchiodato dalla paralisi sulla s. (Verga); Dosolina ... socchiuse l’uscio pian pianino, v’accostò una s. senza far rumore, e pregando ... stette a far la veglia ai suoi uomini (Bacchelli).