sdegnare
v. tr. [lat. *disdignare (v. disdegnare)] (io sdégno, ecc.; v. degnare). – 1. Respingere, rifiutare o evitare cose o persone perché ritenute spregevoli, o contrarie alle proprie idee, o comunque non degne di sé: s. l’adulazione, le lodi eccessive; s. i riconoscimenti pubblici; s. ogni forma di pubblicità; Sdegno il verso che suona e che non crea (Foscolo); Vedi che sdegna gli argomenti umani, Sì che remo non vuol, né altro velo Che l’ali sue (Dante, a proposito dell’angelo nocchiero delle anime del purgatorio); anche seguito da un infinito retto dalla prep. di: fa tanto il superbo, ma non sdegna di ricorrere alle raccomandazioni quando ne ha bisogno; da quando è diventato celebre sdegna perfino di salutare i vecchi amici; fig., letter., con riferimento a cose: su una rozza e grossa tela d’ispido canavaccio troppo male s’adattan ricami gentili di seta, e le perle e gli ori si sdegnano di comparire su un fondo sì vile (D. Bartoli). 2. Con valore causativo, muovere a sdegno, suscitare irritazione o risentimento: il comportamento del deputato ha sdegnato i suoi elettori; quelle ingiuste accuse sdegnarono i presenti; il loro modo di agire mi ha sdegnato. 3. intr. pron., sdegnarsi: a. Risentirsi, mostrarsi offeso: a vedere quello spettacolo mi sono profondamente sdegnato; non ti devi sdegnare con lui, non voleva offenderti; si è sdegnato per non essere stato invitato alla cerimonia. b. Solo nell’uso tosc., riferito ad animali, rifiutarsi di mangiare, di allevare e curare i figli, o di adempiere ad altre funzioni, per qualcosa che li spaventi o li infastidisca. ◆ Part. pass. sdegnato; solo letter. o ant. col sign. di spregiato, trascurato: Il pio strumento irruginia su’ brevi Solchi, sdegnato (Foscolo); com. col sign. di irritato, risentito, offeso, anche come agg.: essere, mostrarsi sdegnato; rispondere con aria, con voce sdegnata; tutti sono sdegnati con (o contro di) lui; nell’uso pop. di alcune regioni e di qualche strato sociale, irritato per infiammazione, detto per es. di calli, lesioni cutanee e sim.