sembrare
(poet. ant. sembiare, meno com. semblare) v. intr. [dal provenz. semblar, che è il lat. tardo similare, der. di simĭlis «simile»] (io sémbro, ecc.; aus. essere). – Lo stesso che parere, nelle varie accezioni definite sotto i nn. 1 e 2 di quel verbo: ti sembra bello ciò che hai fatto?; sembra che non gliene importi affatto; mi sembra di averlo già incontrato; fiorentino Mi sembri veramente quand’io t’odo (Dante); una lupa, che di tutte brame Sembiava carca ne la sua magrezza (Dante); l’anima gentile Ch’ogni altro piacer vile Sembiar mi fa (Petrarca); se la donna ti sembla avenante [= avvenente] (G. Cavalcanti). Con sign. più partic., assomigliare, detto di persona o cosa che paia essere un’altra per la somiglianza che vi è fra le due, o perché le qualità dell’una rammentino quelle di un’altra: da lontano mi eri sembrato Piero; si è ridotto che sembra un fantasma; Sembra Talia se in man prende la cetra, Sembra Minerva se in man prende l’asta (Poliziano). In ogni caso e in tutte le accezioni è voce meno pop. di parere; ma si ricorre volentieri a sembrare per sostituire quelle forme dell’indic. presente (paio, pari, paiamo, paiono) e del cong. nelle quali parere tende a esser sentito sempre più come voce letteraria.