servo
sèrvo s. m. e agg. [lat. servus «schiavo», anche agg. «assoggettato, sottomesso»]. – 1. (f. -a) letter. a. Schiavo; come sost., è comune soltanto nella locuz. servo della gleba, chi, nel declino dell’Impero Romano e nei secoli successivi, era soggetto alla servitù della gleba (v. servitù, n. 1 a). Più frequente con funzione di agg.: un Paese rimasto per secoli servo dello straniero; Ahi serva Italia, di dolore ostello (Dante); e in senso fig.: essere, diventare s. del denaro, delle passioni. b. Come agg., e riferito a cose (materiali o astratte), servile, di servo, di servi: le s. braccia [= la braccia degli schiavi] fornien di leve onnipotenti, ond’alto Salisser poi piramidi, obelischi (Parini); Dai solchi bagnati di s. sudor, Un volgo disperso repente si desta (Manzoni; e in senso più spreg., nel «Cinque maggio»: Vergin di s. encomio E di codardo oltraggio); Quei che Gregorio invidiava a’ servi Ceppi (Carducci). 2. s. m. (f. -a) a. Chi svolge umili servizî alle dipendenze di una persona o di una famiglia, e spec. chi attende ai lavori di casa: un vecchio s.; un s. fedele; è parola più cruda e umiliante di servitore, e ormai è sostituita da domestico, cameriere, ecc., tranne che in alcune espressioni di tono spreg. o in frasi di protesta: trattare qualcuno come un s.; non sono mica il suo s.!; e che, mi prendi per il tuo servo? Nel linguaggio di teatro, s. di scena, l’uomo di fatica addetto a trasportare dal magazzino al palcoscenico i mobili e i materiali occorrenti per l’allestimento della scena. Per partic. usi del femm. come sost. (anche nei sign. seguenti), v. serva. b. estens. Chi dedica tutto sé stesso a servire spiritualmente e materialmente altri, o chi è pronto a conformarsi interamente, per deferenza, per devozione o per interesse, alla volontà altrui; con questo sign. era usato soprattutto in alcune formule di cortesia e di saluto (sono il s. umilissimo di Vostra Altezza; servo suo, servo vostro), oggi usate soltanto con intonazione affettatamente ironica. Nel linguaggio della Chiesa, s. di Dio, titolo riconosciuto a persona defunta (per lo più un religioso) che sia vissuta e morta santamente; per l’espressione s. dei servi di Dio, v. servus servorum dei. c. Come denominazione di appartenenti a ordini religiosi: Servi della Carità, congregazione religiosa fondata nel 1908 da don Luigi Guanella per provvedere all’assistenza degli anziani, dei malati e dei bambini abbandonati; Servi di Maria (o serviti), ordine mendicante fondato nel 1233 secondo la regola di sant’Agostino allo scopo di esercitare il sacro ministero, sotto qualunque forma, tra cattolici, acattolici e infedeli. 3. s. m. Per analogia: a. Nella tecnica, l’elemento asservito di un servosistema. b. S. muto, piccolo mobile, generalm. dotato di rotelle, sul quale si dispongono gli indumenti quando ci si sveste; anche (per calco dell’ingl. dumb waiter, dove waiter significa «cameriere» e in senso proprio «chi attende»), piccolo tavolo, a uno o più ripiani, che si accosta alla tavola da pranzo per rendere più agevole il servizio (nell’uso tosc. chiamati ambedue anche servitore). ◆ Dim. servétto; pegg. servàccio (entrambi soltanto nel sign. 1 a).