sfare
v. tr. [der. di fare, col pref. s- (nel sign. 1)] (pres. io sfàccio o sfò, tu sfai, ecc.; il resto della coniug. segue fare). – 1. a. Scomporre quanto è già stato fatto: s. un lavoro. b. Sciogliere, liquefare: la pioggia ha sfatto la neve. In usi fig., letter., consumare, struggere: e chi mi sface Sempre m’è inanzi per mia dolce pena (Petrarca). V. disfare, che nell’uso trans. è la forma più comune. 2. Com. anche nella forma intr. pron., sfarsi: a. Sciogliersi, liquefarsi per calore o per altra causa: la neve si sfarà al primo sole; pere tenerissime, che si sfanno in bocca. b. Perdere la compattezza, la consistenza: il budino s’è tutto sfatto; estens., l’acqua cade, a grosse Goccie, poi giù a torrenti ... S’è sfatto il cielo (Pascoli). c. Riferito a persona o alle fattezze del corpo umano, perdere la freschezza, la snellezza e l’elasticità: il suo viso cominciava a sfarsi e a denunciare l’età; con questo sign. è soprattutto frequente il part. pass. (v. sfatto). ◆ Part. pass. sfatto, anche come agg. (v. la voce).