shahid
s. m. e f. inv. Nel mondo islamico, chi è disposto a sacrificare la propria vita per l’affermazione dell’ideale religioso. ◆ In Iraq ci sono alcune migliaia di mujahidin, combattenti islamici, e aspiranti shahid, martiri per Allah, arruolati in Europa, Medio Oriente e altrove nel mondo. […] Diventare mujahidin e shahid, esseri umani trasformati in robot della morte al termine di un indottrinamento religioso e ideologico che li porta a disconoscere il valore della sacralità della vita propria e altrui, non è reato secondo il nostro codice fino a quando la metamorfosi permane allo stadio della manifestazione del pensiero. (Magdi Allam, Corriere della sera, 29 ottobre 2004, p. 1, Prima pagina) • Prima, l’aggressione dei dirottatori aerei contro New York e Washington, con le loro lame alla gola dei piloti. Poi, la dinamite nelle micidiali cinture degli stragisti suicidi, chiamati shahid. Ora l’ultima strategia include quell’esplosivo liquido che sfugge al metal detector e sarebbe azionabile a distanza da un semplice microcellulare. (Alberto Ronchey, Corriere della sera, 20 agosto 2006, p. 1, Prima pagina) • La voce del muezzin che richiama i musulmani alla preghiera si leva potente in una Gaza insolitamente silenziosa. Una coppia di ronzini trascina un carretto di cocomeri lungo Wahda street, le berline scure con i vetri fumé sfrecciano sul lungomare sotto le insegne spente del Beach Hotel, il Lido, l’Andalous, quattro ragazzini scalzi giocano a pallone su uno spiazzale sterrato tappezzato di manifesti con le foto dei martiri della jihad, gli shahid. (Francesca Paci, Stampa, 20 giugno 2007, p. 14, Estero).
Dall’arabo šahīd (‘testimone’).
Già attestato nella Repubblica del 17 aprile 1988, p. 4, La tragedia palestinese (Pietro Veronese).