siderurgico
siderùrgico agg. [der. di siderurgia] (pl. m. -ci). – 1. Della siderurgia, relativo alla siderurgia: industrie s.; tecnica siderurgica. Di un’attività s. si trovano tracce, databili tra la fine del secondo e l’inizio del primo millennio a.C., nella zona dell’Asia Minore e, in tempi successivi, in varie regioni del mondo antico: consisteva essenzialmente nella riduzione dei materiali ferrosi mediante fuochi di carbone di legna su letti di argilla refrattaria e pietre, piani o concavi o a forma di rudimentale tino: il prodotto, pastoso e malleabile allo stato incandescente, veniva lavorato, mediante battitura, principalmente per la produzione di armi e di utensili. Solo alla fine del medioevo, con forni a tino meno rudimentali, dalla combustione attivata con mantici azionati da ruote idrauliche, si ottenne un prodotto fluido (ghisa) ricco in carbonio, duro ma fragile, adoperabile come materiale da getto, che nei secoli successivi venne largamente usato e progressivamente migliorato mediante decarburazione col bassofuoco. Nel 18° e 19° secolo la sostituzione del carbone a legna con il carbone coke, il continuo miglioramento della forma e della conduzione degli altiforni, che avevano sostituito per evoluzione i forni a tino e nei quali, dall’inizio del 19° secolo, si insufflava aria preriscaldata, assieme ad altre innovazioni, abbassarono notevolmente il costo della ghisa aumentandone enormemente la produzione. Parallelamente l’affinazione di quest’ultima in acciaio, che già nel ’700 aveva fatto un salto di qualità con la fusione al crogiuolo del ferro cementato e con l’invenzione del forno a puddellaggio, si perfezionò, tra l’altro, con l’invenzione del convertitore Bessemer, del convertitore Thomas e del forno Martin-Siemens nell’800, e con il forno elettrico e il processo all’ossigeno nel ’900. 2. Con uso sostantivato, operaio che lavora nell’industria siderurgica: il sindacato dei s.; i s. sono scesi in sciopero; meno com., industriale del ramo siderurgico.