significato
s. m. [dal lat. significatus -us «senso, indizio», der. di significare «significare»]. – 1. Termine variamente inteso nella filosofia antica e moderna (e variamente definito nelle relative teorizzazioni), che nella interpretazione più generale e comune indica il contenuto espressivo di qualsiasi mezzo di comunicazione (parole o frasi, gesti, segni grafici, ecc.): non sapere il s. di una parola; vorrei conoscere il preciso s. di questo termine tecnico; è un fannullone, nel più ampio s. della parola; la voce «cane» ha un s. proprio e varî s. figurati; «chiedere» e «domandare» possono avere sfumature di s. diverse; il s. di un simbolo di chimica, di una sigla, di una segnalazione stradale; anche con uso iperb., generalm. in frasi limitative o negative: questo è un discorso privo di significato; sono parole senza significato; quello che dici non ha alcun significato. Più specificamente, ciò che si vuol dire pronunciando una parola o una frase, il messaggio cioè che con queste si trasmette. In partic., in linguistica, l’entità del contenuto definita dalla corrispondenza con una determinata forma espressiva fonica o grafica e, nella definizione del segno linguistico formulata da F. de Saussure (1857-1913), la classe dei concetti, ossia l’elemento concettuale, la «faccia interna» del segno (quella esterna è il significante). 2. a. Per estens., ciò che significa, o può o vuole significare, un atteggiamento, un atto, un fatto, il modo in cui può essere interpretato circa le intenzioni di chi l’ha compiuto, o nelle conseguenze che può avere: non riesco a capire che significato abbia il suo improvviso voltafaccia nei miei riguardi; la sua assenza alla riunione ha un chiaro s. di protesta. b. fig. Valore, importanza: in questo momento, ottenere l’incarico ha per me un grande s.; una legge, una riforma di notevole s. sociale e politico.