signoria
signorìa (ant. segnorìa) s. f. [der. di signore]. – 1. a. Il potere, l’autorità del signore, in accezioni generiche: sarien più degni di guardar porci che d’avere sopra uomini signoria (Boccaccio); vi faccia onore Ed aggia cara vostra segnoria (Poliziano). b. Dominio, potere politico esercitato in forme assolutistiche: la s. aragonese in Sicilia e in Sardegna; la s. angioina in Sicilia, e con riferimento a questa: Se mala segnoria ... non avesse Mosso Palermo a gridar: «Mora, mora!» (Dante); la s. di Venezia si estese nel Quattrocento a tutte le coste adriatiche e al retroterra; vivo ancora il prov. amor né signoria, non voglion compagnia, non si possono spartire con altri. c. Non com. in senso fig., potere, predominio esercitato da persone o cose su altri (come equivalente di balìa): E poi che [Amore] ’l fren per forza a sé raccoglie, I’ mi rimango in signoria di lui (Petrarca). 2. Con valore storico più preciso e sign. più concreto: a. La magistratura esecutiva di città italiane nell’ultimo medioevo e nel Rinascimento: la famiglia tutta della signoria (Boccaccio), gli sbirri del podestà; Piazza della Signoria (con il Palazzo della S. o Palazzo Vecchio, e la Loggia della S. o Loggia dei Lanzi), a Firenze. b. In partic., nell’uso storiografico, forma di governo e di ordinamento statuale di tipo monocratico e accentrato, a carattere vitalizio e spesso ereditario, che si affermò, in una prima fase, in modo sporadico e temporaneo, e successivamente (dal sec. 14° all’inizio del sec. 16°) come ordinaria e stabile, in varie città dell’Italia settentr. e centr., come esito della crisi delle istituzioni comunali: l’età delle S.; le S. italiane; la S. dei Visconti a Milano, dei Medici a Firenze. c. Nel contado fiorentino, nome con cui furono indicate (dal 16° al 19° secolo) certe compagnie popolari costituite paese per paese allo scopo di organizzare pubblici festeggiamenti (a imitazione delle analoghe compagnie della città di Firenze dette potenze: v. potenza, n. 3 d). 3. Titolo di grande onore e rispetto attribuito nell’ultimo medioevo ad alti dignitarî, funzionarî e magistrati e a signori di stati assolutistici, esteso poi dal primo Cinquecento, anche per influsso spagnolo, a persone di media condizione: Vostra Signoria, Sua S., e, al plur., le Vostre, le Loro Signorie; faccia ella, la s. sua sa più di me (G. Gozzi). Nell’età moderna si è conservato fino a tempi recenti, oltre che in alcune espressioni scherz., in certe zone di campagna dove era attribuito dai contadini al proprietario del fondo o a persone di riguardo, anche nella forma assol. signoria (per es.: buon giorno, signoria; grazie, signoria) e nella forma vossignoria (v.), mentre si è ormai cristallizzato nell’uso epistolare burocratico: la Signoria Vostra è pregata di presentarsi ...; il sottoscritto chiede alla Signoria Vostra ... (quasi sempre abbreviato in S. V.). 4. non com. Il fatto di essere signore, di avere o di attribuirsi disponibilità economica, educazione e modi raffinati, da signore: tiene tanto alla sua s. e poi si abbassa a certe meschinità!; talvolta anche nell’espressione mettersi in s., atteggiarsi a gran signore, darsi arie di gran signore. Raro con riferimento a un insieme di persone che hanno pretese di signorilità: mia madre viene su, timida, in mezzo a tutta quella s. (Panzini). 5. Nell’angelologia, le Signorie, gli angeli che costituiscono il coro più alto del secondo ordine (che nella scala gerarchica dello Pseudo-Dionigi sono chiamati le Dominazioni). 6. Termine usato talvolta come sinon. di arimannia, per indicare il tributo dovuto dai sudditi liberi al signore feudale in riconoscimento del suo dominio.