singolare
(ant. singulare) agg. e s. m. [dal lat. singularis «proprio di uno solo», der. di singŭlus «singolo»]. – 1. agg. a. ant. Che concerne una singola persona o cosa, che è proprio di un individuo singolo: Là dove avrà dal re de’ Catalani Di pugna singular la prima gloria (Ariosto); Privato cavalier, non tuo campione, Verrò co’ Franchi a singolar tenzone (T. Tasso); ancora usata quest’ultima espressione in frasi scherz. come affrontarsi, battersi, scontrarsi, vincere in singolar tenzone. Quindi anche individuale, privato, relativo a singole persone e non all’intera comunità: subito che ... e singulari commodi, le iniuste voglie in Italia più poterono che le buone leggie ... subito incominciò lo imperio latino a debilitarsi (L. B. Alberti). b. Per estens., unico nel proprio genere, diverso dagli altri, caratteristico, particolare: un uomo s. in tutto; è un tipo davvero s.!; un libro, un film s.; un modo di fare e di parlare singolare. In senso fig. (spesso enfatico), straordinario, insolito, eccezionale, raro, o speciale, particolare: una donna di s. bellezza; una persona di s. onestà, di s. doti, di s. ingegno; avere meriti s.; un favore, un privilegio s.; si è verificato un fatto veramente singolare. Con sign. più specifico, strano, originale, eccentrico: è una posa il suo voler essere s. in tutto ciò che fa; il suo modo di vestire è davvero s.; e sostantivato: smettila di fare il s. a tutti i costi! c. Nel linguaggio filos., unico nel proprio genere, inconfondibile, irripetibile: l’io, il soggetto singolare. d. In matematica, con valore generico, di qualsiasi ente che si comporta in modo diverso dal normale, che presenta eccezioni rispetto a qualche proprietà (in contrapp. a regolare). In partic., punto s. di una curva (o di una superficie o, più in generale, di una varietà), un punto doppio (o multiplo, come un nodo, una cuspide, o un punto di discontinuità, ecc.). e. In linguistica, numero s. (e, più com., come s. m., il singolare), classe della categoria grammaticale del numero, presente in molte lingue nella flessione dei sostantivi, degli aggettivi, dei pronomi e dei verbi, per indicare che si tratta di una sola persona o di una cosa unica o che un’azione è fatta da una sola persona (opposta quindi a plurale e, nelle lingue in cui esistono, a duale, triale, ecc.), ma anche usata con valore collettivo e generico; è in alcune lingue, come per es. quelle indoeuropee, caratterizzata in genere da morfemi distintivi proprî (per es., in lat., animus, genit. animi, sing., di fronte al plur. animi, genit. animorum e, in ital., ragazzo-ragazza, sing., di fronte al plur. ragazzi-ragazze), mentre in altre lingue non è caratterizzata da morfemi particolari, ma solo dall’assenza dei morfemi di plurale (o duale, triale, ecc.). f. Nella logica formale, proposizioni s., quelle che hanno per soggetto un essere determinato o individuo (per es., «quest’albero è pieno di frutti»). g. Diritto s., espressione usata (in contrapp. a diritto comune) per indicare la norma eccezionale che regola una categoria di individui o di negozî (è la traduz. dell’espressione lat. del diritto romano ius singulare, che nello stesso uso odierno è più comune). 2. s. m. Nel tennis, e nel ping-pong, incontro disputato tra due soli giocatori: s. maschile, s. femminile. ◆ Avv. singolarménte, con varî usi (v. la voce).