sintagma
s. m. [dal gr. σύνταγμα, propriam. «composizione, ordinamento», der. di συντάττω «ordinare» (v. sintassi)] (pl. -i). – Termine introdotto in linguistica da F. de Saussure (1857-1913) per indicare qualsiasi segno in quanto sia costituito da una successione di unità lessicali e grammaticali minori. Nell’uso attuale, unità sintattica di varia complessità e autonomia, di livello intermedio tra la parola e la frase (per es., a casa, di corsa, contare su [qualcuno]); in partic., con riferimento alla categoria grammaticale: s. nominale, verbale, aggettivale, preposizionale. Si usa chiamare s. cristallizzato, in linguistica, un sintagma risultante non dalla libera unione di due o più morfemi (come potrebbe essere, per es., la frase un incontro inatteso) ma fissatosi stabilmente in una determinata forma nella lingua, e ripetuto quasi passivamente da chi parla o scrive (per es.: un imbarazzante silenzio, un viaggio di piacere, in un raptus di follia, ecc.); è detto anche stereotipo (s.m.).