sipario
sipàrio s. m. [dal lat. siparium «tenda che nascondeva, negli intervalli, parte della scena»]. – 1. Nei teatri, e in altre sale di spettacolo, struttura mobile, posta all’altezza del proscenio, che serve a separare il palcoscenico dalla sala; è costituito, nei tipi tradizionali, da un telone o tendone colorato, talora dipinto, e oggi più spesso di velluto pesante, che viene alzato o abbassato, o anche fatto scorrere lateralmente, rispettivam. all’inizio o alla fine dello spettacolo (o delle sue eventuali divisioni) e, nei tipi più moderni, da una saracinesca (s. metallico), per isolare la sala dal palcoscenico in caso di incendio, con sistema di apertura a scorrimento verticale o laterale: alzare, aprire il s.; calare, chiudere il s.; cala il s., didascalia che nel testo delle opere drammatiche, dei copioni e dei libretti, indica la fine dello spettacolo o di un atto (anche in senso fig., per indicare la conclusione, la fine di una vicenda: e così calò il s. su quel triste episodio); sipario!, invito a calare il sipario (gridato per lo più dal pubblico) per incidente avvenuto durante lo spettacolo. Con altra funzione, s. spartifuoco (o tagliafuoco), sipario di sicurezza usato, in caso di incendio, per impedire al fuoco e al fumo di propagarsi dal palcoscenico alla sala. 2. Nel linguaggio polit., s. di ferro o d’acciaio, variante rara dell’espressione cortina di ferro (v. cortina1). ◆ Dim. sipariétto (v.).