solere
solére v. tr. e intr. [lat. solēre] (pres. sòglio, suòli [ant. sògli o suògli], suòle, sogliamo, soléte, sògliono; pass. rem. soléi, solésti, ecc.; pres. cong. sòglia, ecc.; part. pass. sòlito). – 1. Avere l’abitudine, usare. Il verbo, che appartiene alla lingua letter. o elevata (salvo in alcune espressioni impers. come si suol dire, si suole fare, suole accadere, ecc.), è usato quasi esclusivam. nelle forme semplici dell’indicativo (non però nel futuro) e meno spesso del congiuntivo, e nell’infinito pres. (negli altri tempi è sostituito dalla locuz. essere solito: v. solito), ed è sempre unito a un altro verbo all’infinito: suole uscire tutte le sere; Protagora soleva dire che l’uomo è la misura di tutte le cose; delle fiere che nelle selve sogliono abitare aveva ... paura (Boccaccio); Quando ... ancor sana e snella Solea danzar la sera (Leopardi); ammaestrato a quali e quanti Miseri casi espor soglia il notturno Orror le dame (Parini). Con l’infinito dipendente sottinteso: Segando se ne va l’antica prora De l’acqua più che non suol con altrui (Dante); Di paura tremando, come suole Per picciol ventolin palustre canna (Poliziano). Nell’ital. ant., era frequente l’uso del pres. indic. con valore di imperfetto: io ardo come foco in la fornace, Membrando quel che da lei aver soglio (Angiolieri); anche con funzione perifrastica: ben lo soglio sapere [= ben lo sapevo], e hol già letto ne la Bibbia (Giamboni). 2. poet., ant. Con uso sostantivato, il solere, ciò che avviene o si fa normalmente, il solito: vedea io le stelle Di lor solere e più chiare e maggiori (Dante).