sopraffare
(ant. soprafare) v. tr. [comp. di sopra- e fare] (io sopraffàccio o sopraffò, tu sopraffài, egli sopraffà, ecc.; gli altri tempi, coniug. come fare). – 1. a. Vincere, battere un avversario nettamente inferiore di numero, di forze, di capacità, annientandolo o costringendolo ad arrendersi, a ritirarsi, a cedere: tentò di resistere ai suoi aggressori, ma alla fine fu sopraffatto; gli Spartani di Leonida, dopo un’eroica lotta, furono sopraffatti dalle preponderanti schiere dei Persiani; tutte le imprese in concorrenza si sono coalizzate contro la nuova ditta e tentano in ogni modo di sopraffarla. Con uso fig. e iperbolico: ti metterà nell’animo una dolcezza tale, che tu ne sarai sopraffatto (Leopardi); la pubblica accusa, con l’evidenza delle prove, ha sopraffatto il collegio di difesa. b. Vincere, superare: tutti si misero a parlare prima piano, poi più forte, ogni voce voleva sopraffare le altre (R. Viganò); il rullo dei tamburi sopraffece il suo grido. c. Dominare, piegare ai proprî voleri con la violenza o la prepotenza: s. i deboli; non riuscirà a s. anche noi; mi son lasciato sopraffare una volta! Ora basta! (Pirandello). 2. ant. a. Strafare, eccedere: Dio lascia fare, ma non sopraffare (prov.). b. Sovrastare, superare in altezza. ◆ Part. pres. sopraffacènte, anche come agg., raro, che sopraffà, che soverchia: senza rendersi conto di non esser più altro che padroni esosi e sopraffacenti (Bacchelli). ◆ Part. pass. sopraffatto, con funzione verbale e anche come agg., vinto, battuto, piegato, in senso proprio e fig.: essere sopraffatto dal numero dei nemici, dall’astuzia dell’avversario, dalla fatica, dal dolore, dal sonno; morì per uno catarro repentino Ferdinando, sopraffatto più da’ dispiaceri dell’animo che dall’età (Guicciardini); tale fu lo spettacolo che riempì a un tratto la vista di Renzo, e lo tenne lì, sopraffatto e compreso (Manzoni).