sorrentinismo
s. m. La regia, lo stile, il modo di interpretare la realtà propri del regista Paolo Sorrentino. ♦ Forse il miglior momento televisivo dell’anno: Checco Zalone demolisce insieme a Maria De Filippi La Grande Bellezza davanti a Sabrinona nazionale e Matthew McConaughey. Due maestri del popolare si lasciano andare a qualche disquisizione su giornali e salotti che li schifano, poi Jep-Checco dice a Maria: «Quanti anni tieni? 52? Che età inutile, priva di contenuti. Non ha manco una categoria su Youporn». E così vien giù in un solo colpo il sorrentinismo e il salottismo che l’ha sostenuto fingendo l’autocritica. (Stefania Carini, Europaquotidiano.it, 31 marzo 2014, Teledipendente). • Costruire una narrazione in dieci puntate basandosi solo sui dialoghi («The Young Pope» è un lungo film che non tiene minimamente conto degli espedienti narrativi della serialità) è opera o di un pazzo o di un genio. Per questo, i due aspetti più controversi sono il "realismo magico" di Sorrentino (altrimenti detto «sorrentinismo») e i dialoghi. (Aldo Grasso, Corriere della sera, 21 novembre 2016, p. 47) • Presenze che disegnano un network di reciproche fedeltà certo non nuovo e molto vigile nei giorni caldi delle nomine. Pezzi di un mondo che tradizionalmente riempie le cronache del sito Dagospia, mondo romano essenzialmente, oggi alla ricerca di luoghi più accessibili rispetto alla Casaleggio Associati o ai filtri degli staff pentastellati. La giornalista Barbara Palombelli e il presidente del Coni Giovanni Malagò e Mario Pescante suo predecessore. Questi ultimi hanno già consolidato i contatti con Scotti e infatti figurano fra i docenti dell’MBA in “Diritto e management dello sport”. Corsi che hanno sommato e non sottratto alla Luiss o ad altri istituti dove ugualmente insegnano. Ma questi nomi non bastano a segnare una continuità estetica con i Cafonal romani delle scorse legislature, nessun sorrentinismo nonostante la presenza di prelati, nessun Gambardella semmai la festa barocca di un potere medio e un po’ smarrito. (Alessandra Sardoni, Foglio.it, 14 luglio 2018, Politica) • Nelle Giornate degli autori le attese maggiori dal punto di vista della complessione, dell’aseità dell’immagine, le attese sono per i fratelli De Serio e il loro Spaccapietre, rappresentanti di un cinema d’attriti, di atmosfere, di resistenze: un universo che è nella misura dei corpi pervicaci, declinati nel contemporaneo più tumido, alla ricerca di un’identità e di un posto in cui stare, s-comparire, sotto il peso del tempo. Nemesi del sorrentinismo (fatto di nani, rockstar, papi vanesi e sante suore, personaggi totalmente incongruenti e che sarebbero tali anche se si trattasse della favola più stravagante) questo cinema mostra esseri e spazi comuni, denudati, in procinto di crollare, e perciò assoluti, emblematici di uno stare essenziale al mondo, nel fango del mondo cercando di intravedere un qualche orizzonte al di là di questo livore tetragono, come accadeva in Sette opere di misericordia. (Luigi Albiusi, Manifesto.it, 2 settembre 2020, Visioni) • La prima parte di È stata la mano di Dio è visivamente travolgente, mozza il fiato per ritmo e determinazione narrativa, per sorrentinismo stilistico appena accennato, trattenuto, e per l’esposizione naturale della sincera spensieratezza di quegli anni sovrapposti ad un solare coming of age. Di Maradona in fondo ce n’è pochetto. O meglio: il giusto. Soprattutto con la fantomatica partita Argentina-Inghilterra e la mano malandrina. Perché a Sorrentino interessa fare per una volta, cinematograficamente, l’Hitchcock. (Fatto Quotidiano.it, 26 ottobre 2021, Cinema).
Derivato dal nome proprio (Paolo) Sorrentino con l’aggiunta del suffisso -ismo.
Già attestato nel libro di Andrea Scanzi Non è tempo per noi. Quarantenni: una generazione in panchina (Rizzoli, 2013).