soverchio
sovèrchio (ant., o meno com., sopèrchio) agg., s. m. e avv. [lat. *supercŭlus, der. di super «sopra»], letter. – 1. agg. Che eccede il giusto o la misura, quindi eccessivo, esagerato: fare s. spese; peccare per s. bontà, per s. indulgenza; in guisa che lo cor si stempre Di soverchia dolcezza (Petrarca); o troppo, superfluo: senza dare s. spiegazioni; i pleonasmi, o parlari soverchi (Vico); non le erano mai parsi soverchi i mille sacrifizî da lei già compiuti (Capuana); e come pred. con valore neutro: non mi pare soperchio narrare prima tutto quello che seguì ... (Machiavelli). 2. s. m. a. Ciò che è di troppo, che avanza, che è in eccesso: il soperchio rompe il coperchio (prov.), ogni eccesso è dannoso; papi e cardinali, In cui usa avarizia il suo soperchio (Dante). b. ant. Soperchieria, sopraffazione: per soperchi ricevuti si rubellò (G. Villani). 3. avv. Troppo, eccessivamente: il prezzo mi pare soverchio alto, o la richiesta mi pare soverchio alta; Ché ’l soverchio aspettar, soverchio offende (L. Alamanni). ◆ Avv. soverchiaménte, letter., troppo, eccessivamente: parole di chi sembra soverchiamente esaltato dai vapori vinosi (Rovani).