spada
s. f. [lat. spatha, dal gr. σπάϑη, propr. «spatola», strumento dei tessitori e dei farmacisti]. – 1. Arma bianca non inastata, a lama per lo più lunga (80-120 cm), diritta e appuntita (in ciò differenziandosi dalla sciabola, che ha lama più o meno curva atta a colpire di taglio) con uno o due tagli o anche senza, impugnabile e maneggiabile tramite il fornimento, costituito dal manico (detto anche impugnatura nella forma più semplice, e terminante con il pomo) e, a protezione della mano, dall’elsa: questa può essere di tipo cruciforme o a rami, ed essere o no completata superiormente dalla guardia (arco guardamano) e inferiormente dalla difesa (a tazza o a coccia), ovvero dalla controguardia (sistema di archetti collegato al tallone della lama). Già nota in varie forme fin dall’antichità, assunse forma più definita quando i progressi della metallurgia permisero un graduale allungamento delle lame usate nei pugnali di bronzo, trasformazione che probabilmente ebbe luogo nel bacino orientale del Mediterraneo (spade egeomicenee, s. cretesi, ecc.). Ben presto si ebbero spade di ferro, poi d’acciaio, forgiate con uno o due fili per colpire anche di taglio e variamente dimensionate: s. corta, con lama lunga sino a 80 cm (come, per es., la machaira greca, il gladio romano, lo scramasax sassone, ecc.), s. lunga, con lama oltre i 90 cm (come, per es., lo xifos greco, la «spatha» romana di origine celtica, ecc.). Dopo la caduta dell’impero romano si affermò la spada lunga, con lama larga a due tagli ed elsa cruciforme, come tipica arma di difesa e offesa; col fiorire della cavalleria la spada divenne distintivo dell’uomo d’arme, e artisti di fama concorsero alla sua fabbricazione (con lavori di intaglio e di ageminatura, ecc.). Tra i sec. 14° e 16°, modificate le tecniche di combattimento, si diffusero spade specializzate per usi diversi: s. da stocco o stocco d’arcione, a lunga lama triangolare per colpire di punta stando a cavallo (detta anche s. da cavallo); s. da lato, arma anche civile portata appesa al fianco destro, con lama lunga e stretta atta a colpire di punta, accompagnata spesso da un pugnale nei duelli; s. di marra, arma d’addestramento nelle scuole schermistiche, fornita di lama senza taglio e con la punta arrotondata; s. all’italiana, alla spagnola, differenziazione legata soprattutto al tipo di fornimento (controguardia e difesa) che poteva essere costituito, rispettivam., da semplici archetti o rami (s. a rami) ovvero da una doppia calotta, oppure da una tazza (s. a tazza); per s. alla schiavona, v. schiavona; s. da cerimonia, quella cinta dai regnanti nelle cerimonie d’investitura; s. d’onore, quella offerta (da sovrani, papi, associazioni, ecc.) a coloro che si fossero distinti per il loro comportamento altamente meritevole nei confronti del donatore; s. da esecuzione o da giustizia, quella a lama larga e pesante atta a colpire con grande potenza di taglio. Nel sec. 18° la spada viene gradatamente sostituita dalla sciabola nell’armamento militare. a. Locuzioni partic. e usi fig.: sguainare, snudare la s., trarre la spada dal fodero, e in senso fig. dare inizio a una lotta qualsiasi, anche non armata; cingere la s., fissarla al fianco, e fig. prepararsi a lottare, a combattere; difendere, difendersi a s. tratta, con grande accanimento e decisione; riporre la s., rimetterla nel fodero, e fig. cessare la lotta; incrociare le s., dare inizio a un duello; cacciare la s. nel fianco dell’avversario; mettere, passare a fil di spada, uccidere in combattimento o, più spesso, in uno scontro o in un attacco armato. b. Per metonimia, nel linguaggio poet. e letter., persona armata, soldato, soprattutto al plur.: Che fan qui tante pellegrine s.? (Petrarca), alludendo alle truppe mercenarie; in altri casi è simbolo della violenza, bellica o no: Ogni gente sia libera, e pèra Della s. l’iniqua ragion (Manzoni); oppure anche della punizione, o del giusto rimprovero: la s. della Giustizia; non piangere ancora; Ché pianger ti conven per altra s. (Dante), per le parole di aspra rampogna che Beatrice rivolgerà al poeta. c. Frequente in frasi proverbiali: ne ammazza più la gola che la s., con riferimento ai danni che possono derivare da una eccessiva golosità; chi di spada ferisce di s. perisce, chi fa il male sarà punito di uguale moneta (parafrasi di una frase del Vangelo, qui acceperint gladium gladio peribunt «coloro che si serviranno della spada periranno di spada», parole di Gesù all’apostolo che voleva difenderlo con l’arma, Matteo 26, 52); s. di Damocle, quella che Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, fece appendere per un filo sulla testa del suo cortigiano Damocle, dopo averlo fatto sedere sul proprio trono, mentre era a convito, volendo con ciò fargli capire il pericolo che sovrasta incessantemente i regnanti; nell’uso com. l’espressione è frequente per alludere a un pericolo imminente: non può stare tranquillo, con quella s. di Damocle sulla testa! d. Danza della s., danza, generalm. eseguita con armi bianche o bastoni, molto diffusa come rito propiziatorio nel folclore di varî popoli, in Asia, in America, in Australia, in Europa, e anche in Italia, dove presenta aspetti diversi, da quello prevalentemente guerresco a quello più dichiaratamente religioso, oppure schiettamente popolare (per es., con la partecipazione di maschere, con balli in circolo, azioni mimate). e. Nello scudo araldico, la spada dimostra in genere la nobiltà militare della famiglia, e talvolta rappresenta la vendetta: si pone ordinariamente in palo, con la punta rivolta verso il capo; si trova anche con la punta in giù, appuntata, guarnita, impugnata, pomata, ecc. 2. Nella scherma, una delle tre armi convenzionali adoperate nelle gare (insieme con la sciabola e il fioretto): ha la coccia a forma di calotta sferica, e la lama, a sezione triangolare, munita di bottone sulla punta, a scopo protettivo, oppure terminante con una filettatura dove si avvita la punta per la s. elettrica (cioè con segnalazione elettrica della stoccata); colpisce solo di punta e il suo peso non deve essere inferiore a 770 g e la lunghezza totale non superiore a 110 cm (di cui 90 cm, al massimo, di lama). Per metonimia, una delle tre specialità dello sport della scherma, le cui gare si svolgono su una pedana uguale a quella usata per la sciabola: s. individuale, s. a squadre. 3. Al plur., spade, uno dei quattro semi delle carte da gioco regionali italiane, conservato dal gioco dei tarocchi: l’asso, il tre di spade; il re di spade; rispondere a spade. 4. In alcuni tipi di telaio meccanico convenzionale, asta di legno che ha il compito di lanciare la navetta. 5. In marina, s. del solcometro, tubo di protezione del sensore a elica del solcometro, generalm. di tipo telescopico ossia rientrabile nello scafo. 6. In botanica, nome region. di un gladiolo comune in Italia (Gladiolus italicus o Gladiolus segetum), che vive tipicamente nelle colture di cereali ed è anche chiamato gladiolo dei campi o spadacciola o spadino, in Toscana fil di spada. 7. In zoologia: a. S. argentina, altro nome dell’argentina, pesce dell’ordine salmoniformi. b. Nome veneto del pesce bandiera (lat. scient. Lepidopus caudatus). c. S. rossa, altro nome comune del pesce fiamma (Cepola rubescens). d. Pesce s., v. pescespada. 8. In zootecnia, s. romana, un insieme di peli del mantello del cavallo con direzione particolare, situato nelle parti laterali del collo. ◆ Dim. spadina, e, con sign. particolari, spadino m. (v.); spreg. spadùccia; accr. spadóna, e spadóne m. (v. spadone2); pegg. spadàccia.