specismo
s. m. Convinzione secondo cui gli esseri umani sono superiori per status e valore agli altri animali, e pertanto devono godere di maggiori diritti. ♦ La richiesta - supportata da contributi di esperti come l'etologo M. Bekoff, il sociobiologo R. Dawkins e la primatologa J. Goodall - è quella di aprire le porte dell'uguaglianza morale e giuridica alle grandi scimmie, sulla base dell'unanime riconoscimento che scimpanzè, gorilla, oranghi e gibboni, oltre a condividere il 98% del DNA umano, sono esseri viventi dotati di capacità cognitive anche complesse. Sono in grado di utilizzare strumenti per risolvere un problema, provano empatia anche interspecifica, mostrano capacità autoreferenziale attraverso il linguaggio; sono dotati di personalità ben definita, provano gioia, manifestano solidarietà parentale e sono anche capaci di ingannare tramite la negazione della percezione altrui. Ne emerge un messaggio di critica radicale al cosiddetto specismo per certi aspetti provocatorio e sovversivo. Indipendentemente dal concordare o meno con questo tipo di visione, il saggio costituisce un'operazione di grande rilevanza culturale. (Enrico Alleva, Claudio Carere, Treccani.it, 2000, Enciclopedia italiana - VI appendice) • Comunque - come ha sostenuto, al convegno presso nel nostro Ateneo Roberto Marchesini - anche se l' uomo dovesse considerarsi non solo diverso ma addirittura superiore agli altri viventi, neppure in questo caso avrebbe il diritto di disprezzare e di schiavizzare le altre specie. Questa sarebbe una forma di razzismo planetario: come si usa dire, di «specismo». (Augusto Cavadi, Repubblica, 31 maggio 2006, Palermo, p. 16) • Il vero nucleo filosofico attorno a cui si gioca l’inedita partita dei nostri diritti da subordinare a quelli degli animali si chiama specismo, o antispecismo. Non è solo questione di mangiare o meno il culatello, è una decostruzione della natura applicata alle specie animali. (Maurizio Crippa, Foglio.it, 12 aprile 2016, Cultura) • Storicamente, i gruppi e le associazioni che si spendevano per cercare di convincere il maggior numero di persone possibili a smettere di sfruttare e opprimere gli animali non umani – le associazioni di vegetariani, così come i gruppi protezionisti e zoofili – utilizzavano argomenti di tipo morale e anche strumentale, come se lo sfruttamento animale dipendesse dalla cattiveria delle persone. Questa visione, che è stata «ratificata» poi dalle teorie di Singer e Regan, secondo cui lo «specismo» è un pregiudizio morale, ha consolidato la convinzione della necessità di combattere a livello individuale contro un pregiudizio morale, piuttosto che contro un fenomeno complesso e sistemico sorto in relazione a cause eterogenee. (Il Maestro Ignorante, Opera viva magazine.org, 30 marzo 2019).
Derivato dal s. f. speci(e) con l'aggiunta del suffisso -ismo; vedi l'inglese speciesism (dal 1970 in inglese). Già attestato nella Stampa del 23 febbraio 1979, p. 23, Spettacoli.