splenomegalia
splenomegalìa s. f. [comp. di spleno- e -megalìa]. – L’aumento di volume della milza che, coperta in condizioni normali dall’arcata costale, può in alcuni casi ingrandirsi fino a raggiungere l’arcata pubica occupando buona parte dell’emiaddome sinistro: non è sempre di significato patologico e non costituisce un’entità nosologica a sé, ma solo uno dei sintomi – talora il più caratteristico – di processi morbosi di origine diversa. In rapporto alla loro origine, le splenomegalie possono essere distinte in s. infettive e parassitarie, determinate da virus, batterî, protozoi (leishmanie, plasmodî della malaria) o metazoi (larve di echinococco), che si localizzano elettivamente nel parenchima splenico; s. da malattie ematologiche, come le anemie emolitiche (nelle quali l’aumentata emolisi può essere dovuta a un’esaltazione dell’attività emocateretica della milza oppure a una particolare fragilità dei globuli rossi), le leucemie, ecc.; s. circolatorie, dovute a un ristagno di sangue venoso il cui deflusso è ostacolato a livelli diversi (nella milza stessa, nel fegato, a livello della vena porta, ecc.); s. da tesaurismosi, nelle quali si ha nella milza un accumulo di sostanze di natura diversa.