sprigionare
(ant. spregionare) v. tr. [der. di prigione1, col pref. s- (nel sign. 3)] (io sprigióno, ecc.). – 1. non com. Togliere, liberare dalla prigione; fare uscire di prigione: è stato sprigionato in seguito all’amnistia; rifl., con riferimento ad animali: collocò le tre gabbie sul davanzale della finestra cogli sportelli aperti ... e sedette ad aspettare che i canarini si sprigionassero da loro stessi (De Marchi). In senso fig., lasciare libero: Per tutto questo Amor non mi spregiona (Petrarca); per estens., liberare, svincolare: staccò il corpo dal suo, senza sprigionarle il polso (Pavese); come rifl.: «posso aver fallato», ripeté Renzo, sprigionandosi da lui (Manzoni). 2. fig. Emanare, emettere, mandar fuori dal proprio interno odori, sostanze gassose o volatili e sim.: quando piove, le fogne sprigionano un forte lezzo; la pirite, sottoposta all’azione del fuoco, sprigiona anidride solforosa; si liberò dal suo carico che fece un tonfo sordo sul pavimento e sprigionò un nuvolo di vecchia polvere che quasi l’accecava (Jovine); nell’intr. pron., esalare, venir fuori: dalla palude si sprigionano esalazioni mefitiche; un tenue calore cominciò a sprigionarsi dai termosifoni; la bianca fuga di vapore che si sprigionava dalle parti inferiori della locomotiva (Vittorini).