sradicare
v. tr. [lat. exradīcare, variante di eradicare (documentata nel part. pass. exradicatus), comp. di ex- «da, fuori da» e radix -icis «radice»] (io sràdico, tu sràdichi, ecc.). – 1. Svellere da terra una pianta con tutte le radici: il vento di questa notte ha sradicato parecchi alberi; s. un pesco per trapiantarlo altrove; s. le rape, le barbabietole. Per analogia, s. un dente, estrarlo con tutte le radici. 2. fig. a. Eliminare completamente, estirpare: s. una passione dall’animo; s. i vizî, i pregiudizî; s. una piaga sociale, s. la corruzione politica; e con diverso compl.: il pensiero di ritrovare sua madre cresceva ...; solo la morte poteva sradicarlo, questo pensiero (Deledda). b. Allontanare, togliere qualcuno dal luogo o dall’ambiente in cui vive o è a lungo vissuto, in cui si è radicato: si è fatto una famiglia all’estero, e nessuno lo sradica più di lì; è stato sradicato dal suo paese, e ne ha sofferto molto. 3. intr. pron. a. Staccarsi, venir via con tutte le radici: a causa del forte vento, si è sradicato anche un albero secolare. b. fig. Allontanarsi dal proprio luogo d’origine, perdendo i legami con il relativo contesto familiare e sociale: si è sradicato dalla sua patria d’origine per trovare lavoro. ◆ Part. pass. sradicato, com. come agg. in senso proprio: un olivo sradicato; albero sradicato, in araldica, che mostra le radici; anche con uso estens.: la grande scala esterna con la ringhiera mezzo sradicata (Vittorini); e in senso fig.: essere, sentirsi sradicato (e, sostantivato, essere uno sradicato), allontanato, tolto dal proprio ambiente, o comunque in debole rapporto con questo, anche come sentimento di sofferenza (con lo stesso valore del fr. déraciné, v.).