stile
s. m. [lat. stĭlus «stilo»: v. stilo]. – 1. Lo stesso, ma meno frequente, che stilo, in varî sign.: a. Piccola asta d’osso o di metallo, appuntita a un’estremità e piatta dall’altra, usata dagli antichi per scrivere sulle tavolette cerate (anticam. le forme stile e stilo furono usate indifferentemente): stando alla predica, scriveva in tavole di cera collo stile, e, detta la predica, tornava alla sua lettiga e scriveva in foglio tutto quello che aveva scritto nelle predette tavole di cera (s. Bernardino). In senso fig., con riferimento all’attività dello scrivere: Deh porgi mano a l’affannato ingegno, Amor, ed a lo stile stanco e frale, Per dir ... (Petrarca); cfr. l’analogo uso moderno di penna. b. Verghetta di una lega di piombo e stagno, usata per disegnare in epoca anteriore all’invenzione della matita: Qual di pennel fu maestro o di stile Che ritraesse ...? (Dante); niuna cosa dà la natura ... che egli [Giotto] con lo stile e con la penna o col pennello non dipignesse (Boccaccio). c. Arma bianca corta da punta (detta comunem. stilo): Giuro al cielo! Una tale finzione meriterebbe uno stile nel cuore (Goldoni); ogni parola di lei gli aveva trapassato il cuore come una punta di stile (Capuana). d. Genericam., elemento in forma di asta, come per es., lo stollo del pagliaio, il braccio graduato della stadera, i montanti delle costruzioni navali; in partic., manico di legno di strumenti manuali: Saldo faggio lo stile sia. Tra poco La vangatura ti comincia (Pascoli). 2. a. Particolare modo dell’espressione letteraria, in quanto siano riconoscibili in essa aspetti costanti (nella maniera di porsi nei confronti della materia trattata, di esprimere il pensiero, nelle scelte lessicali, grammaticali e sintattiche, nell’articolazione del periodo, ecc.), caratteristici di un’epoca, di una tradizione, di un genere letterario, di un singolo autore (in questo senso, che è un uso fig. del sign. 1 a già documentato nel latino classico, anticam. le forme stile e stilo si alternavano indifferentemente, mentre nell’uso moderno si adopera esclusivam. stile): non si è mai per ancora veduto in alcun secolo, appo nazione alcuna, s. corrotto o barbaro e rozzo, e lingua pura o delicata, né viceversa, ma sempre e in ogni luogo la rozzezza, la purità, la perfezione, la decadenza, la corruttela della lingua e dello s. si sono trovate in compagnia (Leopardi); curare lo s.; ornamenti, infiorettature, preziosità di stile; esercizi di stile; un maestro di stile; l’attribuzione a Tacito del «Dialogo degli oratori» è discussa per ragioni di s.; scrivere sonetti sullo s. (secondo lo s., seguendo lo s.) del Petrarca. Con agg. qualificativi: Deporrò giù lo mio soave stile, Ch’i’ ho tenuto nel trattar d’amore (Dante); dir d’amore in stili alti et ornati (Petrarca); le quali [novellette] non solamente in fiorentin volgare e in prosa scritte per me sono ..., ma ancora in istilo umilissimo e rimesso quanto il più si possono (Boccaccio); con riferimento per lo più a scrittori moderni, o anche a scriventi o parlanti in genere (per cui uno stile si può definire colloquiale, letterario, sostenuto, oppure giornalistico, burocratico, ecc.): s. elevato, dimesso, semplice, sobrio, elegante, ampolloso, sciatto, accurato, fiacco, vigoroso, ecc.; e analogam., elevatezza, eleganza, vigoria di stile, ecc. Con sign. più preciso, s. attico, s. asiano, nell’oratoria degli antichi Romani (v. atticismo; asianismo); nella retorica medievale, s. alto o sublime, medio o mezzano, umile (detti anche, rispettivam., tragico, comico, elegiaco); per il dolce stil novo, v. stil novo. Con riferimento al genere di scrittura: s. oratorio; s. declamatorio; s. eroico, bucolico; s. epistolare (anche in relazione alle formule d’uso nelle lettere); con sign. analogo, s. diplomatico, in relazione alle forme delle scritture diplomatiche, e, con sign. particolare e più ampio, il complesso delle regole consuetudinarie che, a livello internazionale, disciplinano la redazione dei documenti diplomatici (forma, struttura delle varie parti, terminologia, contrassegni di ufficialità e clausole, che sono dette appunto clausole di stile). Parlando di singoli autori: lo s. omerico, ciceroniano, tacitiano, petrarchesco, manzoniano (espressioni riferite anche allo stile di scrittori che imitano o seguono il modello stilistico rappresentato da questi autori: lo s. petrarchesco di molti lirici del Cinquecento). b. In sintassi, lo stesso che discorso, nelle espressioni s. diretto, s. indiretto, s. indiretto libero (v. discorso2, n. 3 b). c. Per analogia, modo individuale di esprimersi nella creazione musicale: lo s. di Beethoven, di Wagner; relativamente a particolari forme: s. o musica a cappella (v. cappella1, n. 5); s. concertante (v. concertante). In partic., s. rappresentativo, espressione usata dai musicisti italiani della scuola monodica sorta agli inizî del sec. 17° per indicare il nuovo stile vocale della musica drammatica, che tendeva a imitare quanto più possibile il linguaggio parlato e a «rappresentare» così l’azione scenica in maniera naturalistica. Con riferimento a singoli compositori, esecutori e direttori d’orchestra: lo s. di Vivaldi, di Mozart, di Paganini; lo s. di Toscanini, di von Karajan. d. Per estens., nelle arti figurative (con uso che risale al sec. 19°), l’insieme dei caratteri di un artista o di una scuola (in sostituzione di maniera, in uso dal sec. 16°, e gusto, in uso dal sec. 18°): s. classico, e s. dorico, ionico, corinzio, composito, nell’architettura e nella scultura greca e in genere classica e classicheggiante; s. bizantino, arabo, romanico, gotico, rinascimentale, barocco, rococò, neoclassico, ecc., nell’architettura e nella scultura e pittura medievale e moderna (v. anche le singole voci). e. Con riferimento alle arti minori e all’antiquariato, il complesso dei caratteri specifici di un oggetto (che permettono di classificarlo insieme con altri in un determinato tipo estetico), in espressioni che alludono all’età in cui certe forme vennero di moda, alla persona che per prima le introdusse e sim.: un mobile di s. Luigi XV, o Luigi Filippo; s. Impero, Restaurazione, Reggenza; s. umbertino, vittoriano; s. floreale, rococò, ecc. (v. le singole voci). Più genericam., mobili in stile, fabbricati in epoca moderna a imitazione di un determinato stile antico. f. Con uso assol., in giudizî della critica letteraria, musicale e artistica, qualità superiore dell’opera d’arte, in cui si manifesta il suo valore assoluto: opera che manca, o che è ricca, di stile. 3. a. Genericam., modo abituale di comportarsi, di agire, di parlare; costume, consuetudine: Tengan dunque ver’ me l’usato stile Amor, madonna, il mondo e mia fortuna (Petrarca); Segui, segui tuo stile Ostinata che sei (T. Tasso); travagliosa Era mia vita: ed è, né cangia stile (Leopardi); nell’uso moderno, anche in espressioni di tono più o meno iron.: è andato via senza salutare, ormai è diventato il suo s.; se ti ha restituito quei soldi è segno che ha cambiato stile. b. Signorilità di modi, discrezione e correttezza nel comportarsi, sobrietà nel vestire: si usa dire che gli Inglesi hanno s.; quella signora ha s., un suo s., uno s. assolutamente personale; è una questione di stile; è una caduta di s., di comportamento sgradevole e sgarbato; ciò che li persuadeva ... all’indulgenza nei riguardi di Fadigati ... era appunto il suo s., intendendo per s. in primo luogo una cosa: la sua riservatezza, il palese impegno che aveva sempre messo ... nel non dare scandalo (Bassani); lo stile è l’uomo (fr. le style c’est l’homme, propriam. le style est l’homme même, frase pronunciata da G.-L. Buffon all’Accademia di Francia nel 1752), espressione spesso usata per significare che dai più piccoli particolari è possibile giudicare il carattere di una persona nel suo complesso. c. Comune la locuz. avv. in grande s. (che ricalca l’ingl. in great style) per indicare cosa fatta con larghezza di mezzi, in modo magnifico e solenne: un’azione militare condotta in grande s.; una mostra organizzata in grande s.; intende dare un ricevimento in grande stile. Con accezioni e sfumature varie la locuz. agg. vecchio s., riferita non solo a caratteri e aspetti di opere d’arte, costruzioni, ambienti, arredamenti, e sim. (un palazzo, un albergo, un giardino, un salotto vecchio s.), ma anche a persone e a comportamenti (un signore, una signora vecchio s.; una cerimoniosità, una gentilezza, una probità vecchio stile). 4. Nello sport, il modo che in genere si richiede per la corretta ed elegante esecuzione di un esercizio, e anche la particolare forma di esecuzione di cui è capace il singolo atleta relativamente alle sue doti fisiche e alla sua preparazione: ha eseguito il salto con perfetto s.; ha fatto sfoggio di uno s. impeccabile; si è imposto su tutti gli altri per il suo stile. In partic., nell’atletica leggera e nel nuoto, per qualificare una determinata tecnica di esecuzione: s. americano, s. ventrale; ha battuto il primato mondiale dei cento metri stile libero (v. libero, n. 4 m). 5. Nel sistema di datazione medievale, e fino all’età moderna, il modo, diverso nelle varie epoche e nei singoli paesi, di determinare il giorno iniziale dell’anno: stile della Circoncisione, dal 1° gennaio; s. veneto, dal 1° marzo; s. dell’Incarnazione, dal 25 marzo; s. francese o della Pasqua, dal giorno di Pasqua (in tale caso, perciò, con anni di lunghezza diversa); s. bizantino, dal 1° settembre; s. della Natività, dal giorno di Natale, il 25 dicembre. Se è intervenuta una riforma del calendario, si aggiunge la precisazione vecchio s. o nuovo s. (abbrev. v. st. e n. st.), per specificare se la datazione è determinata secondo il sistema antecedente o quello seguente alla riforma. 6. In geologia, s. tettonico, la serie di deformazioni tettoniche che predomina in una determinata regione, rappresentata da un tipo di pieghe, da una successione di faglie o di ricoprimenti: così, per es., è detta di s. isoclinale la struttura di una regione a fitte pieghe isoclinali parallele. In partic., s. alpino, stile a ricoprimenti caratterizzato dalla presenza di grandi falde di ricoprimento e di sovrascorrimento, tipico delle Alpi. ◆ Dim. stilétto, anche con accezioni partic. (v. la voce); pegg. stilàccio.