stoicismo
s. m. [der. di stoico]. – 1. Dottrina e scuola filosofica fondata in Atene nel 3° sec. a. C. da Zenone di Cizio, sistematizzata da Crisippo di Soli e comprendente tre grandi periodi: s. antico o antica stoa (3°-2° sec. a. C.), s. medio o media stoa (2°-1° sec. a. C.), s. tardo o nuova, ultima stoa (1°-3° sec. d. C.). Tale dottrina, conformemente alla tradizione ellenistica, si articola in tre discipline, ordinate gerarchicamente: la logica (Zenone fu il primo a utilizzare questo termine per designare la dottrina dei discorsi e delle conoscenze), fondata su una teoria della conoscenza che attribuisce il carattere di verità unicamente alle rappresentazioni catalettiche (v. catalettico1, n. 2), cioè a quelle sensazioni che per la loro evidenza suscitano l’assenso da parte del soggetto conoscente e che successivamente, connesse ed elaborate secondo concetti universali, vengono a costituire la scienza; la fisica, caratterizzata da una visione dell’universo come un organismo la cui vita, regolata da un principio divino ad esso immanente (definito come «anima del mondo»), si svolge secondo un ritmo ciclico in cui ogni avvenimento appare rigidamente preordinato; l’etica, che, finalizzata al raggiungimento dell’apatia, propone un ideale antiedonistico ed è volta ad evitare le passioni, considerate come irrazionali e perciò d’ostacolo alla virtù, intesa come comportamento conforme alla razionalità che domina l’universo. 2. fig. Serenità e impassibilità nell’affrontare i dolori, fisici e morali e, in genere, le avversità della vita: sopportare con stoicismo una grave e dolorosa malattia, una sventura; affrontare con rassegnato s. la morte.