stomacare
v. tr. [der. di stomaco; cfr. il lat. stomachari «adirarsi, stizzirsi», che è dal gr. στομαχέω «essere disgustato»] (io stòmaco, tu stòmachi, ecc.). – 1. Far rivoltare lo stomaco, provocare nausea e disgusto, riferito, come soggetto, a odore molto sgradevole, a cibo il cui sapore sia insopportabile o venuto a noia, e sim.: in questa stanza c’è un puzzo che stomaca; si rifiutò di assaggiare neppure un lampone, dicendo che la stomacavano fin da bambina (Faldella). Anche come intr. pron., con sign. analogo: mi sono stomacato di quel dolce troppo cremoso. 2. fig. Provocare un senso di profondo disgusto morale: ha un modo di comportarsi che stomaca; il suo arrivismo mi stomaca; e come intr. pron.: mi sono stomacato del tuo servilismo. ◆ Part. pass. stomacante, anche come agg., in senso proprio e fig.: un fetore stomacante; un’adulazione, uno spettacolo stomacante. ◆ Part. pass. stomacato, anche come agg., disgustato, nauseato, in senso proprio e fig.: essere, sentirsi stomacato (di un cibo, di un ambiente, di un modo di vivere, di uno spettacolo, di un comportamento altrui, e sim.); ant., letter., con sign. attenuato, disturbato, contrariato, indispettito: mille fanti de’ suoi entrati in Cento non volevano partirsene se prima non ricevevano lo stipendio: dalla qual cosa forse stomacato, ... [il pontefice] ritornò il dì seguente in Bologna (Guicciardini).