strambo
agg. [lat. pop. strambus, alteraz. di strabus, che è dal gr. στραβός «strabico, storto»]. – 1. non com. Storto, contorto: ha le gambe s.; camminava tutto s.; occhi s., strabici. 2. Corda s., o cavo s., tipo di cavo di fibre vegetali (sparto, ginestra, canna, paglia) intrecciate e non ritorte, usato, per es., in marina: Datemi sparto da far corde s. (D’Annunzio). Nell’uso ant. e letter., anche sostantivato al femm.: sì forte guizzavan le giunte, Che spezzate averien ritorte e strambe (Dante); il dì più non ritorna Ch’ei tauro immane le s. spezzò, E mugghiò ne l’arena (Carducci). 3. Insolito, strano: una costruzione s.; i soli a non essere stupiti di tante cose nuove e s., erano ... i ragazzi (Palazzeschi); gli spruzzi sollevati altissimi dal vento, gelando istantaneamente, avevano creato da ogni parte quelle s. e innumerevoli colate bianche (Quarantotti Gambini). Di persona, che pensa e agisce in modo del tutto insolito, strano, singolare; estroso, imprevedibile, stravagante: un uomo s.; che persona s.!; pare un po’ s., ma per essser buono, è buono (Pirandello); analogam.: avere un cervello s.; un uomo dal carattere piuttosto strambo. Per estens., di ciò che rivela stramberia: il suo comportamento è alquanto s.; faceva dei discorsi, dei ragionamenti s.; gli è venuta una idea veramente s.; con uno sforzo supremo m’apprestava a farla capace del suo s. operare (I. Nievo). ◆ Avv., non com., strambaménte, in modo strambo, con stramberia: ragionare, parlare, comportarsi strambamente.