stroncare
v. tr. [der. di troncare] (io strónco, tu strónchi, ecc.). – 1. Troncare in modo violento, in seguito a un taglio irregolare o a una spezzatura fortuita: una scheggia di granata gli stroncò un braccio; agguanta la prima vite che trova e la stronca netta (Slataper); la sua anima spezzata si piegava come il ramo stroncato dalla bufera (Deledda); in usi iperb.: un peso, un carico che stronca le braccia o la schiena; una salita che stronca le gambe; e con si rifl. (in funzione di compl. di termine): stroncarsi le braccia, le gambe, sottoporsi a eccessiva fatica. 2. fig. a. Far cessare, reprimere in modo deciso, soffocare qualcosa che rappresenta o si ritiene possa costituire, una minaccia o un pericolo: s. l’attività di una banda criminale; ogni tentativo di rivolta fu stroncato sul nascere; la teocrazia riusciva con le armi stesse dei liberali ... a s. ogni moto che mettesse in discussione il passato (Gobetti); ma anche, più genericam., impedire lo sviluppo, la pratica realizzazione, l’avverarsi di qualche cosa: le sue speranze, le sue ambizioni sono state stroncate (dalla realtà, dal destino, ecc.). b. Uccidere prematuramente e per lo più in modo fulmineo: un ictus lo ha stroncato a soli quarant’anni; è stato stroncato improvvisamente da un infarto; giovani stroncati dalla droga. c. Demolire con una critica particolarmente dura e severa: s. un volume di saggi letterarî; s. un nuovo romanzo; il film è stato stroncato dai critici. ◆ Part. pass. stroncato, anche come agg.: un ramo stroncato; fig., molto affaticato, estenuato: aveva le braccia e le gambe stroncate, la testa vuota (Capuana).