stropicciare
v. tr. [forse der. del got. *straupôn «sfregare»] (io stropìccio, ecc.). – 1. a. Sfregare, strofinare, passare più volte la mano, i piedi, o altro, sopra una superficie premendo più o meno fortemente; o muovere un oggetto sopra un altro in modo da produrre uno sfregamento: dovresti s. il braccio indolenzito con un po’ d’alcol; come per ozio, andavano stropicciando, co’ piedi, il pavimento, per dar segno a quei ch’erano fuori, d’entrare (Manzoni); anche sostantivato: uscivano i preti con un grande stropicciar di piedi (Fogazzaro); stropicciarsi gli occhi con le dita; stropicciarsi le mani, in segno di soddisfazione: arrivò perfino a stropicciarsi le mani per un soprassalto repentino di giubilo (Rovani); mi stropicciai forte la fronte, per paura che stessi per ammattire (Pirandello). Con riferimento al rumore di oggetti stropicciati: E sordo stropicciar di mossi scanni (Parini). b. In usi fam. e scherz., stropicciarsene, mascheramento eufem. di fregarsene: me ne stropiccio, non me ne importa nulla; sai quanto me ne stropiccio io dei tribunali e dei giudici e dell’intero mondo abitato (G. Berto); chi se ne stropiccia?, per mostrare totale indifferenza nei confronti di qualcosa. 2. region. Sgualcire: hai stropicciato il vestito; anche come intr. pron.: questa stoffa si stropiccia facilmente. ◆ Part. pass. stropicciato; come agg., region., spiegazzato, sgualcito, detto anche di velluto o altra stoffa cui sia stato dato artificialmente tale effetto (con lo stesso senso, anche stazzonato).