su
prep. e avv. [lat. sūsum: v. suso] (radd. sint.). – È, in generale, sinon. di sopra, rispetto a cui è più pop. e più breve, e quindi più usato; ma accanto ai sign. e agli usi che le due parole hanno comuni, ce ne sono altri in cui la sostituzione dell’una all’altra non sarebbe possibile. 1. prep. Si può fondere con l’articolo a formare le prep. composte sul, sulla, sullo, sui (tosc. o letter. su’), sugli, sulle; questa fusione, che nella lingua parlata avviene regolarmente, non è sempre rappresentata nella scrittura, soprattutto in testi ant. o letter., nei quali si trovano spesso le forme staccate su ’l, su la, su lo, su i, su gli, su le, sempre senza variazione di pronuncia rispetto alle forme unite. Davanti a parole che cominciano con la vocale u, l’uso parlato odierno conserva regolarmente la forma su; tuttavia, per evitare lo iato, si sono avute o si hanno: la forma apostrofata s’, d’uso estremamente raro sia in poesia (per es.: s’un sacco di stoppa, Ariosto, Orl. Fur. XXXIII, 122, dove però altri preferiscono leggere su ’n) sia in prosa; la forma sur (v.), che etimologicamente è un’altra parola e che oggi, d’altra parte, non è più in uso; la forma sun (da su in), propria dell’uso tosc. ant. e ancora viva oggi in qualche dialetto (spec. veneto); la forma composta su di, la sola possibile anche davanti a vocale diversa da u, e che anzi è ammessa, nell’uso più corretto, solo davanti a pronomi personali, nessuno dei quali comincia per u (v. oltre, al n. 3). Seguito da parola con consonante scempia iniziale, su ne produce il rafforzamento, espresso dall’ortografia nelle parole composte (tali le prep. articolate, per es. sulla, e i composti con su avv., per es. suddetto), altrimenti sottinteso (per es. su tela 〈su ttéla〉); non rafforza quando è apostrofato (su’ per sui). Sign. e usi fondamentali: a. Con valore locale, indica, come sopra (con cui perciò si alterna senza sostanziali differenze d’uso, talora con qualche diversità di tono e di efficacia espressiva), che un oggetto ha, rispetto a un altro, posizione più elevata, ma si usa soprattutto quando la cosa superiore poggia su quella sottostante e non è a distanza da essa; può unirsi con verbi di quiete o di moto: vedi quella bottiglia che è sulla tavola?; metti questo vaso sul davanzale; la statua poggia su un piedistallo. In parecchie frasi, su è più com. che sopra: stare seduto su una panchina, sulla sponda del letto (anche in usi fig.: siede la terra dove nata fui Su la marina dove ’l Po discende, Dante); gli uccelli si posano sui rami; stendersi sul divano; sdraiarsi sull’erba; anche con qualche accezione partic.: reggersi sulla corda, librarsi sulle ali, mettere un’ipoteca sulla casa; e in locuz. tipiche o in frasi prov.: mettere una pietra sul passato (v. passato, n. 2 a); essere o stare sulle spine (v. spina, n. 1 c); tenere qualcuno sulla corda (v. corda, n. 5 a). Non sostituisce che raram. sopra con riferimento a cosa che sovrasti un’altra con interposto fra le due un certo spazio (così: il lampadario pende sopra il tavolo, raro sul tavolo; il rosone che si apre sopra il portale maggiore, non sul portale). Ma per determinare la misura dell’altezza dal livello marino, si può dire indifferentemente a cinquecento metri sul, o sopra il, livello del mare. b. Con riferimento a cosa o persona o animale che, scendendo o cadendo o scagliandosi dall’alto, va a posarsi su un oggetto o lo colpisce: la pioggia picchiettava sul tetto, sui vetri; una bomba cadde sulla polveriera e la fece esplodere; il falco si gettò a picco sui pulcini (e analogam., scagliarsi, piombare sulla preda); si gettarono in quattro sul malcapitato. In usi fig.: la finestra guarda sul lago, sulla piazza, sul giardino; le ombre calano rapidamente sulle vie; la benedizione di Dio scenda su voi; piovere sul bagnato; capitare come il cacio sui maccheroni (qui è raro sopra), molto a proposito. Col senso di verso o di contro: il nemico puntava sulla capitale; la marcia su Roma, su Berlino; sparare sulla folla. c. Con senso prossimo a «dopo» (per es., nella frase bere sull’arrosto) può alternarsi a sopra. Col sign. di «situato presso» è invece oggi assai più com. su: una città sul mare; un ridente paesino sulle rive del lago, e sim.; in questi esempî, sopra sarebbe un po’ ant., o aggiungerebbe, all’indicazione della vicinanza, quella dell’essere posto a una certa altezza. d. Degli usi estens. e fig. illustrati al n. 2 di sopra, su ha comuni con questa prep. espressioni come vegliare su, piangere su, accampare diritti su, fare assegnamento su, e similmente fondarsi, basarsi su (parole, promesse, assicurazioni altrui, o sim.), avere delle idee, delle intenzioni su qualcuno o qualcosa, giocare su un numero, su una carta, puntare sul rosso, sul nero, giurare su (su qualcuno, su qualche cosa, sulla Bibbia, sul proprio onore, ecc.), prestito su pegno, su garanzia. Inoltre, con valori affini: ti credo, ti faccio credito sulla parola, dove non si userebbe sopra, e rivalersi su altri (di una spesa, di una sconfitta, di un’umiliazione, ecc.), dove sopra sarebbe raro o pesante. e. È più com. e corrente che sopra nei compl. d’argomento, per indicare cioè la materia, il tema di un discorso, di una trattazione, di una discussione: discutere su una questione della massima importanza; trattato sulla natura, sulle sensazioni, ecc. f. Si alterna con sopra per indicare il settore su cui si estende un’autorità o una funzione; per es.: allargare il dominio sulle regioni vicine; avere, non avere autorità sui dipendenti; ecc. g. Usi peculiari e quasi esclusivi di su prep. sono i seguenti: con valore locale, per indicare la materia sulla quale si opera, in espressioni quali dipinto su tela, su tavola, disegno su cartone, ricamo su seta, ecc. Col senso di «dietro, in seguito a»: lavoro eseguito su ordinazione, su commissione (e con sign. partic.: scarpe, vestiti su misura, non messi in vendita già pronti ma confezionati prendendo le misure del cliente); documento rilasciato su richiesta dell’interessato; reato perseguibile su querela di parte, e sim. (ma negli ultimi due esempî, si direbbe meglio per richiesta, a querela, oppure in seguito a ...); analogam., sull’esempio di, seguendo l’esempio di: si è dedicato alla pittura sull’esempio (ma meglio: seguendo l’esempio) del padre; vocabolo formato sull’esempio della corrispondente voce inglese. Nel linguaggio del giornalismo sportivo: la tappa è stata vinta in volata dal corridore Y su Z (battendo cioè Z che è arrivato secondo), frase esemplata sul modello di trionfare su, riportare vittoria su, ecc. Si usa esclusivamente su in alcune locuz. avv. di valore temporale, come su due piedi, sul momento; o modale: sul serio, su questo andare (cioè di questo passo, procedendo in questo modo, ecc.); dopo il verbo stare, per esprimere il modo, l’atteggiamento: stare sull’avviso, procedere con prudenza tenendosi pronto a ogni evenienza; stare sulle sue, assumere un’aria di sussiego, tenere altri a distanza senza dare confidenza; di bastimento, stare sull’àncora, essere ancorato; dopo il verbo essere, per indicare imminenza: essere sul punto di fare qualcosa: per es., essere sul punto di partire (o, meno com., sul partire), cioè lì lì per partire, pronto a partire; era sul punto di rinunciare. In matematica, si usa esclusivam. su nella lettura di formule per indicare l’operazione di quoziente, quando questa sia rappresentata con una frazione: P̅0̅P̅ (cioè a:b) si legge «a su b» (ma non in metrologia, dove si usa «a»: per es., A/m si legge «ampere a metro» e non «ampere su metro»). h. Con valore temporale è assai più com. (esclusivo anzi nella lingua moderna) di sopra nel sign. di «verso, circa»: sul mattino, sul mezzogiorno, sull’imbrunire, sul tramonto, sulla mezzanotte; arriverò sul tardi; sul far del giorno, sul far della sera, sul calar del sole; Su l’ora prima il dì sesto d’aprile (Petrarca); io son veramente colui che quello uomo uccisi istamane in sul dì (Boccaccio). Con accezione diversa: la notte sul martedì, sul sabato, la notte fra il lunedì e il martedì, fra il venerdì e il sabato, e così via; la prep. su (ant. o poco com. sopra) vuole evitare in questi casi l’ambiguità che avrebbero espressioni come la notte del martedì, la notte del sabato, ecc. i. Con numerali, a differenza di sopra (che significa superiore al limite indicato), equivale a «circa, pressappoco, intorno a»: la spesa si aggira sugli ottomila euro; mi occorrerebbe una damigiana (che contenga) sui trenta litri; una ragazza sui sedici anni, una donna sui quaranta, un uomo sulla sessantina, ecc. l. Preceduto da altre preposizioni, che possono avere valore autonomo o solo funzione pleonastica (in una serie di espressioni oggi limitate all’uso pop. o poet.): di su, da sopra: di sulla collina si domina tutto il golfo; spiccò il volo di sulla cima (oppure, staccato, di su la cima); leva via il fiasco di sulla tavola; per lo più pleonastico l’in nella locuz. in su, quando equivale al semplice su: Un carro, in su due rote (Dante); e così d’in su, di su, da sopra: D’in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finché non more il giorno (Leopardi); col valore di in: se n’andò in su la taverna (Boccaccio); col valore di a: Guardando l’ombre che giacean per terra, Tornate già in su l’usato pianto (Dante); per il semplice su (e talora in) anche con valore temporale: Qual io la vidi in su l’età fiorita (Petrarca); in sul mezzodì, in sul far del giorno, in sul desinare, in sull’ora del tramonto; La donzelletta vien dalla campagna, In sul calar del sole (Leopardi). Ant., essere in su qualche cosa, attendervi, mettersi o stare a fare la tal cosa: comandò che ogn’uomo fosse in sul ballare (Boccaccio). 2. avv. A differenza di su in funzione prepositiva, che è di solito atono perché in posizione proclitica, l’avv. su è pronunciato con accento vibrato, tanto che da taluni viene scritto con l’accento, sù, anche per distinguerlo dalla prep., soprattutto in casi in cui la posizione della parola può lasciare incerti sulla sua precisa funzione (per es., nella frase: hai messo su la pentola?). a. Ha fondamentalmente valore locale («in alto»), ed equivale a sopra per indicare i piani superiori di un edificio: è su la mamma? (cioè, è in casa?); vado su a vedere, faccio un salto su in ufficio; sono stato su ora; rafforzato pleonasticamente: vado su di sopra; o per indicare il ripiano elevato o superiore di un mobile, di un sostegno: una mensola con su un vaso di fiori. b. Sempre e soltanto su per esprimere movimento ascendente: vai su tu?; aspetta, monto su io (per es., su una scala); avviatevi su voi intanto (per una salita, ecc.), io vi seguo tra poco; mandami su Mario (qui s’intende, come già prima, in casa, nei piani superiori dell’edificio, ma essendoci un verbo di movimento, su è molto più com. che sopra); fig., i prezzi tendono ad andar su, a salire, ad aumentare (ma anche in senso statico: il prezzo è ancora troppo su per me, troppo alto). Con varî sign., proprî e fig., le locuz. venir su e tirare su; in senso proprio, venir su, salire raggiungendo chi è già in alto o in casa: vieni su subito, che devo parlarti; del cibo, sentire di non averlo digerito: mi vengono ancora su i peperoni che ho mangiato a pranzo; di creature, animali, piante, crescere, svilupparsi: il bambino, il cucciolo, il ciliegio, il grano vien su bene; in qualche caso, formarsi, fare carriera, affermarsi: è venuto su dal nulla. Analogam., tirare su, verso l’alto: lo tirarono su con una fune; tirar su i figli, allevarli; nel rifl., tirarsi su, sollevarsi (per es. da terra), rimettersi in buone condizioni economiche, sociali, o di salute, reagire a uno stato di abbattimento, di prostrazione. È lievemente pleonastico, ma molto com., con verbi o locuz. verbali che già per sé stessi esprimono movimento ascendente: non riusciva ad alzarsi su, a rizzarsi su (si noti anche l’espressione, non pleonastica e con verbo di stato, sta’ su!, sta’ ritto); venire, tornare su a galla. In funzione fraseologica molto efficace: saltò su a dire, saltò su tutta inviperita, per esprimere interventi o reazioni repentine. c. Raddoppiato, su su, talora anche triplicato, in alto in alto, sia in senso statico, sia per indicare ascensione progressiva sempre più in alto (e s’intende per lo più che si compia lentamente): si vedeva su su nel cielo un aeroplano, piccolo come un insetto; si alzò su su per la fune; don Abbondio, arrampicandosi alla sella, sorretto dall’aiutante, su, su, su, è a cavallo (Manzoni); in espressioni fig.: mi illustrò le glorie della sua famiglia cominciando da suo nonno per risalire su su fino ai più lontani antenati. Con verbi di moto e di quiete, ha anche il comparativo più su, più in alto: l’aquilone saliva più su, più su, sempre più su; il segretario sta più su, o ha l’ufficio più su, al terzo piano (sta più su, abita più su può anche significare: «abita più avanti, in questa stessa strada», specialmente, ma non necessariamente, se è in salita); io il quadro lo appenderei un poco più su. d. Ha sign. varî la locuz. mettere su: nell’uso fam., metti su l’acqua per la pasta, mettila al fuoco; in altri casi, costituire, impiantare, organizzare, secondo il partic. complemento: mettere su casa, farsi una casa propria (come abitazione, per viverci); mettere su famiglia, sposarsi e formarsi una famiglia propria; metter su bottega, metter su un ambulatorio, uno studio d’avvocato, aprire una bottega, un ambulatorio, ecc., arredando gli ambienti con le attrezzature necessarie; una casa messa su bene; un appartamento, uno studio messo su con gusto (con riguardo all’arredamento); mettere su una festa, organizzarla (per lo più si intende in breve tempo e con scarsi mezzi); fig., mettere su superbia, diventare superbo, assumere un contegno superbo. Riferito a persona, istigarla contro altri, eccitare copertamente il malanimo: c’è qualcuno che lo mette su contro di me. e. Sempre e soltanto su quando si contrappone a giù (l’opposto di sopra invece è sotto): resti giù o vieni su?; il cibo m’è rimasto in gola e non mi va né su né giù (fig., di cosa che offende, che urta la suscettibilità: questa poi non mi va né su né giù); con valore generico: andare, passeggiare, correre su e giù, avanti e indietro, in un senso e nell’altro; la locuz. su e giù, per indicare movimento continuo nei due sensi, o un viavai di gente, è anche sostantivata: visitatori diligenti col ritmico su e giù del capo verificano se tutto quel che c’è scritto nella guida corrisponde alla realtà (I. Calvino); col sign. di su per giù (o suppergiù), pressappoco, a un dipresso, è usata talvolta la locuz. avv., meno com., poco su poco giù. f. Locuz. composte con altre prep., nelle quali ciascuno degli elementi conserva il suo valore autonomo: qui su, lì su (tosc. costì su), e più com. qua su, là su (tosc. costà su), anche nelle grafie composte quassù, lassù (tosc. costassù; v. le rispettive voci); lo vedi meglio se lo guardi da su, dall’alto, dalla parte di sopra; vengo di (o da) su (da casa) proprio adesso; sostantivato, il di su, la parte di sopra: O qual che se’ che ’l di sù tien di sotto, Anima trista come pal commessa (Dante). Assai com. la locuz. in su, che in genere indica movimento o direzione dal basso verso l’alto: guardare in su, guardare di sotto in su (v. anche sottinsù); venivano in su verso di noi; Da la cintola in su tutto ’l vedrai (Dante); gli è stata affidata la rappresentanza nella zona della Campania da Napoli in su; in su e in giù, con lo stesso sign. del semplice su e giù, ma più com. e più efficace: correva in su e in giù tutto affannato; con verbi di stato, in su, in alto: il taschino lo farei un poco più in su; non ti pare che il fregio sia troppo in su?; con numeri, da due in su, da 20 in su, in poi, verso numeri più alti; e così i giovani dai 18 anni in su, le altezze dai 500 metri in su, prezzi da cento euro in su, ecc.; se preceduto da altra prep., si usa più spesso la grafia unita, come nelle locuz. all’insù, dall’insù, per insù (v. insù). Frequente anche la locuz. su per, con cui si indica insieme movimento ascendente e il luogo per dove si procede (o anche soltanto il procedere, ma in un luogo alto); andare su per la montagna; l’ho incontrato su per le scale; il ladro si arrampicò su per il muro. g. Come esclam. con valore esortativo: su, coraggio!; su, via, calmatevi!; su, ragazzi, andiamo!; su, sbrìgati!; su, svégliati, pigrone!; parla, su!; su, dite, che c’è?; dilla, su, la poesia! Ripetuto: su su, smettila!; su, su!, che si fa tardi. V. anche i composti orsù, suvvia. 3. Come sopra, può essere seguito dalla prep. di, ma esclusivam. davanti a pronomi personali (su di me, su di lui, su di voi, ecc.: prendo tutta la responsabilità su di me), oppure, meno correttamente, davanti a parola che comincia con la vocale u (su di una terrazza). A differenza di sopra, non è mai seguito dalla prep. a, ma non è raro l’uso di su con le particelle pron. mi, ti, ci, gli, vi anteposte, e con la particella avv. ci (in questi casi su può avere funzione di prep. o di avv.): attenta a non montargli su; voglio pensarci su; roba da riderci su. Nella lingua ant., si univa talora alla particella vi, posposta in posizione enclitica, suvvi (= su ivi, ivi sopra): una porta con suvvi una lapide. 4. Come prefisso, ha in genere valore avverbiale (= sopra, in precedenza, prima), e produce il raddoppiamento della consonante iniziale semplice: succitato, suddetto, sullodato, ecc.