suffragio
suffràgio s. m. [dal lat. suffragium, prob. comp. di sub- e tema di fragor «fragore» (pare infatti che suffragium fosse propriamente l’acclamazione); secondo altra ipotesi, suffragium sarebbe un der. di suffragari, ritenuto connesso con frangĕre «rompere» in quanto le votazioni avvenivano talvolta rompendo tavolette o tessere]. – 1. a. Manifestazione della propria volontà in un’assemblea, in consultazioni elettorali, ecc., mediante un voto soprattutto in quanto partecipazione diretta dei cittadini alla vita pubblica, con la libera espressione del loro voto per le elezioni dei rappresentanti del popolo negli organi legislativi e amministrativi (parlamento, consigli regionali, provinciali e comunali), o per un referendum: s. universale, se il diritto di voto è esteso a tutti i cittadini maggiorenni (salvo i casi di incapacità e indegnità previsti dalla legge), e s. ristretto, se limitato a determinate categorie distinte per sesso (s. maschile), per censo (s. censitario), o per grado d’istruzione; s. femminile, esteso alle donne (in Italia previsto dal 1925 ma attuato di fatto solo dal 1946); s. diretto o indiretto, secondo che un organo venga eletto direttamente da tutto il corpo elettorale o indirettamente da un organo elettivo (per es., è indiretta l’elezione del presidente della Repubblica, che a sua volta è stato eletto dal parlamento). b. Voto favorevole, approvazione espressa per mezzo di un voto (escludendosi l’alternativa tra voto a favore e voto contrario): dare, negare il proprio s. a un candidato, a una proposta di legge; il sindaco è stato eletto con unanimità di suffragi; quella autorità che si occupa con violenza, non quella ch’è data con gli suffragi nuoce alle republiche (Machiavelli); quando questi [i cittadini] non faranno un traffico infame de’ loro suffragi, ... allora la nazione sarà veramente libera (Filangieri). Per estens., nell’uso letter., approvazione, appoggio, favore: è un’opinione, una tesi, una proposta che ha ottenuto molti suffragi. 2. In diritto canonico, il parere espresso dai giudici (per es. nei processi di matrimonio). 3. Nella teologia cattolica, qualunque favore spirituale che un fedele fa a un altro perché membro della stessa Chiesa, corpo mistico di Cristo; in senso più stretto, opera buona fatta da un fedele per ottenere ad altra persona la remissione della pena temporale dovuta al peccato già perdonato. In senso ancora più stretto e con uso più com., applicazione di opere buone, compiute sia dai fedeli di propria iniziativa sia dalla Chiesa stessa, alle anime del purgatorio per ottenere loro da Dio la remissione della pena temporale dovuta in sconto dei peccati commessi durante la loro vita terrena: pregare, dire una messa, lucrare un’indulgenza in s. delle anime del purgatorio; la Chiesa applica le indulgenze ai defunti per modo di suffragio (lat. per modum suffragii).