superbia
supèrbia s. f. [dal lat. superbia, der. di superbus «superbo»]. – Esagerata stima di sé e dei proprî meriti (reali o presunti), che si manifesta esteriormente con un atteggiamento altezzoso e sprezzante e con un ostentato senso di superiorità nei confronti degli altri: tratta tutti con s.; guardare, rispondere con s.; peccare di s.; essere gonfio di s.; montare (o salire) in s.; mettere su s.; gonfiarsi di s.; ha troppa s. addosso!; sia detto senza s., espressione con la quale si minimizza anticipatamente l’enunciazione di un proprio merito; la s. è figlia dell’ignoranza (prov.); la s. andò a cavallo e tornò a piedi (prov.), per raccomandare umiltà e modestia, o per prendere in giro persona superba o orgogliosa che sia stata umiliata. Nella teologia cattolica, uno dei sette peccati capitali (peccato di s.), consistente in una considerazione talmente alta di sé stessi da giungere al punto di stimarsi come principio e fine del proprio essere, disconoscendo così la propria natura di creatura di Dio e offendendo quindi il Creatore; in senso meno tecnico, il peccato di chi presume troppo nel potere della sapienza e della ragione umana (la scienza, la filosofia, ecc.), implicitamente limitando il valore e la necessità della sapienza divina (la rivelazione, la teologia). ◆ Dim. superbiétta, raro superbiùccia; pegg. superbiàccia.