tana
s. f. [forse lat. *subtana, agg. femm. «che sta sotto» (cfr. sottana), con deglutinazione del prefisso sub- «sotto»]. – 1. Il luogo di riposo, di rifugio e, spesso, di riproduzione dei vertebrati terricoli, usato soprattutto da mammiferi, rettili e pesci, per lo più costituito da cavità naturali o scavate dagli animali stessi. Cani da tana, razze di cani da caccia «da seguito» (come i bassotti e i terriers), così detti perché hanno attitudine a scavare con forza, rapidamente e profondamente, la terra, e, date le loro dimensioni ridotte, a penetrare nelle tane stesse, snidando la selvaggina. 2. fig. a. Nascondiglio, covo, rifugio di malviventi: scoprire la t. dei briganti; la polizia ha arrestato il feroce bandito nella sua tana. In partic., in Dante, nome delle bolge dell’8° cerchio, in quanto vi sono contenuti i dannati: Costor sian salvi infino a l’altro scheggio Che tutto intero va sovra le tane (Inf. XXI, 125-26); con altro traslato, che s’inserisce nella più ampia metafora di tutta la frase, sempre in Dante: Vita bestial mi piacque e non umana, Sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci Bestia, e Pistoia mi fu degna tana (Inf. XXIV, 124-26). b. spreg. Abitazione o ambiente ristretti, squallidi e trasandati: vivere, lavorare in una t.; questa non è una casa (o questo non è un ufficio), è una tana. c. In giochi infantili, il luogo, precedentemente stabilito, a cui si corre per salvarsi quando si è rincorsi, o quando – come nel gioco del nascondino – si è scoperti: fare, toccare tana; tana!, grido di chi ci arriva; tana libera tutti!, grido dell’ultimo arrivato che salva i compagni di gioco già scoperti. Anche il gioco stesso: giocare a tana. 3. In geografia fisica, riparo sotto roccia che s’addentra in profondità, facendosi a volte tanto angusto da essere inaccessibile all’uomo (e in questo differenziato da antro, che è di solito accessibile).