teatrocrazia
s. f. (spreg.) Retorica del potere, carica di atteggiamenti, artifici e toni da rappresentazione teatrale eccessiva e ostentata. ◆ la prevalenza delle regole della comunicazione sui principi della politica incrementa la tendenza allo scontro e la tentazione di costruire conflitti invece di coesioni. Ma in questo modo vengono esasperati i personalismi e i partiti vengono spinti ai confini del mondo politico. Nasce da queste condizioni la teatrocrazia, la politica come apparenza, come pura rappresentazione scenica nella quale valgono non la verità ma la finzione e la sorpresa. (Luciano Violante, Riformista, 30 gennaio 2004, p. 6, Tendenze) • «Domenico Fisichella ha parlato dei rischi dell’affermarsi di una sorta di “teatrocrazia” in cui gli attori politici stanno perennemente sul palcoscenico, inseguendo le luci della ribalta, a prescindere dalla ricerca degli interessi nazionali» [Luigi Tivelli riportato da Andrea Valle]. (Libero, 18 marzo 2006, p. 9) • Durante l’incontro con gli studenti sul suo bel libro, Lettera ai giovani sulla Costituzione (Piemme), l’onorevole ds Luciano Violante, per spiegare come si comporta la cattiva politica per far guadagnare consenso a comportamenti egoistici, ha coniato un nuovo termine: teatrocrazia. Più elegante dell’abusato «spettacolarizzazione». Non contano i valori, ma soltanto ciò che appare. (Dino Messina, Corriere della sera, 6 maggio 2006, p. 41, Terza pagina).
Composto dal s. m. teatro con l’aggiunta del confisso -crazia.
Già attestato nel Corriere della sera del 18 settembre 1994, p. 26 (Sandro Modeo).