temere
temére v. tr. e intr. [lat. timēre] (io témo, ecc.). – 1. tr. a. Aspettarsi, con timore, che avvenga, o sia avvenuta, cosa considerata un danno, un pericolo, o comunque un fatto spiacevole: temo sempre qualche brutta sorpresa; è preoccupata per il ritardo, teme un incidente, qualche disgrazia; si spera sempre il meglio ma si teme il peggio; non temi le conseguenze di questa tua imprudenza?; da lui c’è sempre da t.; c’è da t. di tutto; non ho nulla da t. da voi; ho la coscienza tranquilla e non ho nulla da temere. Talvolta ha sign. più vicino a sospettare: t. qualche tranello, t. un inganno, un imbroglio. Più genericam., aspettarsi qualche cosa di non piacevole e che si eviterebbe volentieri: era in ritardo e temeva i rimproveri del capufficio; non vuole mettersi la cravatta perché teme le canzonature dei compagni; o avere timore di qualche cosa e cercare di evitarla: Io temo sì de’ begli occhi l’assalto ... Ch’i’ fuggo loro come fanciul la verga (Petrarca); t. il castigo, il bastone, la frusta; in senso fig., nel prov. buona incudine non teme martello, con la costanza si vince ogni avversità, si contrasta ogni violenza. b. Con senso più oggettivo, essere in condizione di poter subire un danno da qualche cosa: piante che temono il freddo; farmaco che teme l’umidità; è cagionevole di salute e teme molto le correnti d’aria; così vestito, non temo la pioggia. c. Avere un timoroso rispetto, avere soggezione di qualcuno: nasce da questo una disputa: s’egli è meglio essere amato che temuto (Machiavelli); sono ragazzi all’antica, che ancora temono il padre. d. Con la negazione, ostentare un comportamento ardimentoso e sprezzante (oltre che privo di ogni timore e soggezione): non temo il pericolo; non ho mai temuto le chiacchiere della gente; è uno sfrontato che non teme nessuno; minacciate quanto vi pare, io non vi temo; a la riva malvagia Ch’attende ciascun uom che Dio non teme (Dante). 2. intr. (aus. avere) a. Con uso assol., provare un sentimento di timore (di fronte a un pericolo determinato o vago): ond’io lasciai la cima Cadere, e stetti come l’uom che teme (Dante); Pace non trovo, e non ho da far guerra, E temo, e spero; e ardo, e son un ghiaccio (Petrarca). Preceduto dalla negazione, equivale a dubitare, in formule d’asseverazione o di minaccia: ti aiuterò io, non temere; ve la farò pagare cara, non temete; non temere, che il mio lo riavrò. b. T. per qualcuno, per qualche cosa, essere preoccupato per la sua sorte, per le sue condizioni, nella previsione di un male o pericolo sovrastante: non temo per me ma per voi; temo per la sua salute, per la sua vita. T. di qualche cosa, più raram. di qualcuno, aspettarsi di riceverne danno: Temer si dee di sole quelle cose C’hanno potenza di fare altrui male; De l’altre no, ché non son paurose (Dante); sta’ pure tranquillo e non t. di nulla! Dubitare, non sperare: t. della riuscita; si teme molto della possibilità di salvarlo. Diffidare: temo delle persone che non guardano negli occhi; teme di tutto e di tutti; non avere fiducia, non fidarsi: teme troppo di sé. c. Seguito dalla prep. di e da un infinito, col sign. generico di «aver timore», si contrappone spesso direttamente a sperare: temo di non farcela; me lo segno sul taccuino, perché temo di dimenticarmene; temevo di riuscire importuno; verrei, se non temessi di disturbare; con riferimento al passato, a cosa che si dubita sia già avvenuta: temo di essermi preso un raffreddore; temevo di essere arrivato tardi (o, che è lo stesso, di non essere arrivato in tempo). Con altre accezioni incluse nell’espressione «avere timore»: temeva sempre di essere spiato, ne aveva il dubbio, il sospetto; temo di conoscere la verità, prevedo che potrà essere molto spiacevole; non gliel’ho detto perché temevo di far peggio, pensavo che probabilmente avrei peggiorato la situazione; temevo d’impazzire, mi pareva di stare per impazzire. In qualche caso, non osare, non aver coraggio di fare una cosa, per paura di averne un danno: temo di avventurarmi in una simile impresa; più com. in frasi negative, non temere di, non essere trattenuto da paura o da altra considerazione dal fare una cosa: non temo certo di dirglielo; non devi t. di sostenere a fronte alta le tue ragioni. d. Sempre con il sign. di «aver timore», costruito con la cong. che e un verbo generalm. al congiuntivo (quando la proposizione principale e quella secondaria hanno soggetti diversi): temo che tutto vada a finire male; si teme che sopravvenga qualche complicazione; temevo che la stoffa non bastasse; temo che ormai sia troppo tardi; temi che gli sia successo qualche cosa?; più raram. con il verbo al futuro: temo che non ce la farà; temo che gli ospiti arriveranno in ritardo. Talvolta, nell’uso letter., omettendo la cong. che si adopera la costruzione latineggiante temere non in luogo del semplice temere: Temendo no ’l mio dir li fosse grave, Infino al fiume del parlar mi trassi (Dante); i’ temo, lasso, no ’l soverchio affanno Distrug[g]a ’l cor che triegua non ha mai (Petrarca); teme Non i vagiti del suo primo infante Sien presagi di morte (Foscolo). e. Nell’uso ant., con la particella pron., temersi di qualche cosa, averne timore, e temersi di fare qualche cosa, esitare, peritarsi di farla: Io stava come quei che ’n sé repreme La punta del disio, e non s’attenta Di domandar, sì del troppo si teme (Dante), teme di riuscire molesto col troppo domandare. ◆ Part. pres. temènte, anche come agg., solo nell’uso letter., con il sign. di «timoroso»: O tementi dell’ira ventura (Manzoni). ◆ Part. pass. temuto, frequente anche come agg. (senza tuttavia perdere interamente la sua funzione verbale), riferito a cosa che è oggetto di timore, oppure a cosa o persona che incute rispetto: le tanto temute complicazioni non ci sono state; si venne finalmente al giorno temuto; è un uomo temuto.