tempo
tèmpo s. m. [lat. tĕmpus -pŏris, voce d’incerta origine, che aveva solo il sign. cronologico, mentre quello atmosferico (cfr. al n. 8) era significato da tempestas -atis]. – 1. L’intuizione e la rappresentazione della modalità secondo la quale i singoli eventi si susseguono e sono in rapporto l’uno con l’altro (per cui essi avvengono prima, dopo, o durante altri eventi), vista volta a volta come fattore che trascina ineluttabilmente l’evoluzione delle cose (lo scorrere del t.) o come scansione ciclica e periodica dell’eternità, a seconda che vengano enfatizzate l’irreversibilità e caducità delle vicende umane, o l’eterna ricorrenza degli eventi astronomici; tale intuizione fondamentale è peraltro condizionata da fattori ambientali (i cicli biologici, il succedersi del giorno e della notte, il ciclo delle stagioni, ecc.) e psicologici (i varî stati della coscienza e della percezione, la memoria) e diversificata storicamente da cultura a cultura: l’idea, il concetto, la nozione del t.; il fluire, lo scorrere, il trascorrere del t.; il decorso del t. (anche come espressione giur., il tempo utile in relazione a determinati effetti: il decorso del t. per la prescrizione; essere rimesso in libertà per decorso del t., per avere raggiunto il limite di tempo massimo previsto per la detenzione preventiva); il t. corre, fugge, vola; come passa (o come passa presto) il t.!; il t. non passa mai, non mi passava mai il t. (assistendo a cosa noiosa, o stando in ozio, in attesa, ecc.); avere, perdere la nozione del t., essere o no consapevole del suo rapido trascorrere (e quindi dell’ora, del giorno in cui ci si trova); per andar di tempo, Per varïar d’affetti e di pensieri, Obbliarvi non so (Leopardi); il t. è denaro (o è moneta), traduz. del motto ingl. time is money (v.). Più espressamente, il fluire, il passare del tempo: nessuno può fermare il t.; col t., forse, dimenticherai; letter., in processo di t., in progresso di t., col passare o nel succedersi degli anni: come si vede che seguì in Roma in tanto processo di tempo (Machiavelli); spec. con riguardo agli effetti che il passare degli anni produce: e l’uomo e le sue tombe E l’estreme sembianze e le reliquie Della terra e del ciel traveste il t. (Foscolo); il t. risana ogni piaga, il t. è un gran medico, il t. è galantuomo (perché rende giustizia), frasi prov.; i danni, i guasti, le ingiurie, le offese del t., che l’età produce sulle cose (spec. sui monumenti, sulle opere d’arte) e sugli uomini; il colore, la patina del t. (v. patina); libri, tendaggi rosi o corrosi dal t.; dare t. al t. (o lasciare t. al t.), permettere che le cose si risolvano da sé, a poco a poco, pazientare e non pretendere di avere o di ottenere tutto subito. Spesso in contrapposizione all’eternità, in quanto si consideri il tempo come avente un principio e una fine: paragonare il t. all’eternità; Io, che al divino da l’umano, A l’etterno dal t. era venuto (Dante); quindi, senza tempo, eternamente: Facevano un tumulto, il qual s’aggira Sempre in quell’aura sanza t. tinta (Dante). In partic. nel pensiero filosofico e scientifico tale nozione ha costituito un problema costante e basilare della riflessione fin dalle trattazioni mitologiche (Crono come padre di tutte le cose): così nel pensiero antico il tempo, dapprima collegato al movimento del Sole e del cielo in generale, viene considerato, spec. dai pitagorici, sia un continuo divenire, per lo più ciclico (il ritmo del cambiamento cosmico), sia la misura della durata; per Parmenide, invece, non è che un’illusione e, per Zenone, un assurdo, come il movimento stesso, essendo l’Essere, considerato la vera essenza delle cose, immutabile; il concetto del tempo come gerarchicamente inferiore all’eternità ritorna in Platone per cui solo nel mondo materiale corruttibile hanno senso il passato e il futuro, mentre alla sostanza eterna compete un eterno presente immobile; il pensiero aristotelico riconcilia queste concezioni, da un lato assumendo il movimento perfetto dei cieli come riferimento per la misura del tempo, dall’altro ponendo il primo motore immobile fuori dal tempo e quindi eternamente presente. Con il pensiero cristiano, spec. in Agostino, abbandonata la concezione ciclica, si ha una decisa interiorizzazione del tempo e una sua riduzione a «estensione dell’anima», successione di stati di coscienza in quanto ricordo del passato («presente del passato»), aspettazione del futuro («presente del futuro»), ma anche il presente come passaggio, come tensione lineare e progressiva verso la perfezione e la liberazione, una volta dissolto il tempo nell’eternità spirituale (tale concezione del tempo come concreta esperienza interiore, come durata, verrà ripresa dal filosofo fr. H. Bergson verso la fine dell’Ottocento, in polemica con il tempo spazializzato – v. spazializzare – della fisica). Con la rivoluzione scientifica del ’600 (e, in partic., in Galileo) il tempo diviene parametro misurabile del movimento e, da Newton in poi, prende corpo la distinzione tra il t. assoluto, che forma, insieme allo spazio assoluto, lo scenario metafisico (definito come Sensorium Dei) di ogni evento naturale, e il t. relativo, riferito cioè a particolari sistemi di misurazione in determinati sistemi di riferimento. Con Kant, lo spazio e il tempo assoluti divengono le forme a priori di ogni esperienza possibile, e il carattere irreversibile della successione temporale degli eventi viene connesso alla relazione, anch’essa irreversibile, tra causa ed effetto. Il concetto di tempo della fisica classica viene profondamente rivisto nella teoria della relatività einsteiniana, che non solo nega l’esistenza dell’etere, ossia dell’unico ente capace di costituire un sistema di riferimento assoluto sia per lo spazio sia per il tempo, ma asserisce anche il carattere relativo della simultaneità (due eventi che avvengono contemporaneamente in punti diversi di un sistema di riferimento non sono simultanei in un altro sistema di riferimento in moto rispetto al primo) e il fenomeno della dilatazione del t., per cui la durata di un qualsiasi processo fisico è minima nel sistema di riferimento in cui il corpo che subisce tale processo è in quiete (il tempo misurato in tale sistema è definito come t. proprio, o t. locale, o meglio, t. proprio del sistema di riferimento); non ha più senso quindi parlare di tempo assoluto, ma solo di tempo relativo e la misura del tempo risulta correlata alle coordinate spaziali, per cui si parla di coordinata temporale nello spazio-tempo a quattro dimensioni (v. la voce spaziotempo). L’altro aspetto intuitivo del concetto di tempo – il suo scorrere sempre in una direzione – è stato affrontato nella fisica moderna come problema della reversibilità del t., considerando il comportamento delle equazioni che esprimono l’evoluzione temporale di un determinato fenomeno sotto l’operazione di inversione del t., ossia del cambiamento di segno della variabile temporale; in partic., mentre le leggi della meccanica sono invarianti per inversione del t., i processi termodinamici reali non godono di questa proprietà, ossia sono fondamentalmente irreversibili, come espresso per altro dal fatto che l’entropia di un sistema isolato tende sempre ad aumentare (freccia del t.: v. entropia), donde il problema centrale della meccanica statistica di ricondurre l’irreversibilità dei fenomeni macroscopici alle leggi reversibili valide per i processi microscopici; in tempi moderni sono stati osservati fenomeni di non invarianza per inversione temporale anche alla scala microscopica delle interazioni delle particelle elementari (violazione dell’invarianza temporale: v. violazione), che non risulterebbero quindi completamente reversibili. 2. a. Successione di istanti, intesa sempre come una estensione illimitata, ma tuttavia capace di essere suddivisa, misurata, e distinta, in ogni sua frazione o momento; è in genere in questa accezione di grandezza misurabile che viene considerato il tempo in fisica: esso può essere assunto come coordinata per lo studio dell’evoluzione temporale dei fenomeni solo quando ne sia stata definita l’unità di misura, scelta riferendosi a fenomeni naturali periodici che siano al massimo grado riproducibili e invariabili: dal primitivo riferimento al moto apparente del Sole, poi precisato nel t. solare, che ha come unità di misura l’anno (di cui il secondo è un sottomultiplo), all’attuale, definizione del t. fisico, che assume il secondo come unità fondamentale del Sistema Internazionale (SI), legandolo alla frequenza di una particolare radiazione dell’atomo di cesio (per cui è detto anche t. atomico, e si indica ufficialmente come IAT, sigla dell’ingl. International Atomic Time, in Italia e in Francia anche TAI, sigla rispettivamente di Tempo Atomico Internazionale e Temps Atomique International; v. anche unità, n. 2 b). Il t. solare è definito in base all’anno solare o tropico, ossia all’intervallo di tempo che intercorre tra due successivi passaggi del Sole all’equinozio di primavera, e si distingue in t. solare vero, per il quale la lunghezza del giorno è quella scandita dal passaggio del sole al meridiano superiore del luogo di osservazione, variabile nel corso dell’anno, e t. solare medio, nel quale la lunghezza del giorno è assunta costante; è detta equazione del t. la differenza ad ogni istante tra l’ascensione retta del Sole medio e quella del Sole vero che corrisponde alla differenza tra il tempo solare vero e il tempo solare medio (il cui valore massimo è di circa 16 minuti); t. siderale è quello riferito a un astro o altro punto della sfera celeste anziché al Sole; tutti questi tempi sono detti t. locali, in quanto dipendono dalla longitudine del punto di osservazione; per uniformare il valore del tempo in una stessa regione si utilizza quindi il t. civile, ossia il tempo solare medio del meridiano centrale di ognuno dei 24 fusi orarî in cui si considera divisa la superficie terrestre; t. legale, quello, adottato in alcune nazioni, che differisce per ragioni pratiche dal tempo civile; per potersi riferire a una medesima determinazione di tempo, sia per fini pratici sia per fini scientifici, si conviene di assumere come t. universale (indicato con le sigle TU, dal fr. Temps Universel, o UT, dall’ingl. Universal Time) il tempo solare medio di Greenwich (GMT, sigla dell’ingl. Greenwich Mean Time), cioè il tempo civile del fuso orario centrato sul meridiano fondamentale; per ridurre le piccole irregolarità del tempo UT dovute a irregolarità della rotazione terrestre, divenute rapidamente insopportabili per le crescenti necessità di precisione delle scienze e della tecnica, furono introdotte altre scale di tempo: il tempo UT1, con cui si teneva contro delle piccole oscillazioni dell’asse terrestre (il precedente tempo UT fu allora indicato con la sigla UT0) e il tempo UT2, con cui si teneva conto anche della piccola influenza dei moti dell’atmosfera sul periodo della rotazione terrestre; migliore apparve l’introduzione del t. delle effemeridi (indicato come ET, dall’ingl. ephemeris time), scala del tempo universale nella quale il secondo è dato dalla frazione 1/31556925,9747 della lunghezza dell’anno tropico del 1900, costituendo dal 1954 al 1967 l’unità di misura del tempo assunta dal Comitato internazionale dei pesi e delle misure, prima di essere sostituito dal secondo atomico: poiché la vita civile è necessariamente ritmata sui cicli solari del giorno e dell’anno, si è posta l’esigenza di conservare la scala UT e di raccordarla a quella basata sul tempo atomico per mezzo di un sistema denominato t. universale coordinato (UTC) che è una scala di tempo atomico corretta ad epoche prefissate (generalmente alla fine di giugno e alla fine di dicembre) mediante integrazione di secondi, detti secondi intercalari, al fine di mantenere la differenza tra UT e UTC minore di un secondo: tale scala è stata adottata ovunque a partire dal 1° gennaio 1972 ed è quella che attualmente regola la vita civile. Con accezioni più specifiche: costante di t., per fenomeni caratterizzati dalla variazione esponenziale di una certa grandezza (carica elettrica durante la carica di un condensatore, temperatura misurata da un termometro, ecc.) rispetto al tempo, il tempo nel quale la grandezza varia di un fattore 1/e (dove e è il numero di Nepero), ossia di circa 2,718 volte, che quantifica univocamente la rapidità di variazione della grandezza; t. di rilassamento (v. rilassamento, n. 2 b), locuz. analoga a costante di t., utilizzata soprattutto nella fisica degli stati aggregati e nella teoria della elasticità; per t. di volo, v. volo, n. 1 e; t. di coerenza, in ottica, il periodo, necessariamente finito, nel quale un singolo treno d’onda emesso da una sorgente incoerente si può considerare monocromatico. b. Serie più o meno ampia di istanti, compresa entro limiti definiti o vaghi, corrispondente alla durata di qualche cosa: un anno, un mese, un giorno di t.; in espressioni generiche: periodo, spazio, intervallo di t.; per molto o per lungo t., per poco o per breve t.; per qualche t.; per un t. limitato, illimitato, indefinito; per lungo lasso di t.; letter., gran t., per molto tempo: ben veggio or sì come al popol tutto Favola fui gran tempo (Petrarca); dopo poco t., dopo molto t.; molto o poco t. prima; da molto t.; è da lungo t. che aspetto; è da tanto t. che te lo volevo dire (con l’avv. molto o tanto sottinteso: è da tempo che lo so); da t. immemorabile (v. anche ab immemorabili); in domande: quanto t. è vissuto?; quanto t. ti trattieni qui?; che cos’hai fatto in tutto questo tempo? c. Con riferimento all’età della vita: quanto t. ha il bambino?; è un vitellino che ha ancora poco t. (nell’uno e nell’altro caso, è adoperato tempo trattandosi di bambino e di animale giovane la cui età non si può ancora valutare in anni); è del mio t., ha pressappoco la mia età; il fanciullo ... con una fanciulla del tempo suo, figliuola d’un sarto, si dimesticò (Boccaccio); era del mio t. e, da bambini, facevamo i giochi insieme (Panzini). Meno com., o ant., in altre frasi: avea più figliuoli, de’ quali tre n’erano femine e eran di tempo maggiori che gli altri che maschi erano (Boccaccio); non com., uomo, donna di t., attempati, anziani; di mezzo t., di mezza età. d. Sinon. generico di periodo (di tempo): durante il t. del noviziato; nel t. della sua permanenza all’estero. Con agg. possessivo: il mio t., il suo t., il nostro t., il tempo che è stato assegnato a me, a lui, a noi per essere in una determinata condizione; per es., parlando di servizio militare, di una pena da scontare, del periodo della gestazione: ha appena terminato il suo t.; fra un mese compirà il suo t.; ha già fatto metà del suo t.; con altro senso, ha finito il suo t., o più com. ha fatto il suo t. (espressione, quest’ultima, modellata sul fr. il a fait son temps), di persona che non gode più favore, che ha perso ormai autorità, oppure di cosa passata di moda, uscita d’uso, divenuta inservibile e ormai superata: un attore, un uomo politico che ha fatto il suo t.; è stato un motore (o un tipo di autovettura, un aereo) ottimo, ma ormai ha fatto il suo t. e non lo costruiscono più. e. Durata di un’operazione, di un’attività o di un processo; intervallo di tempo stabilito o previsto per il compimento di un’azione: t. di lavorazione, nell’organizzazione del lavoro, soprattutto industriale, l’intervallo di tempo ritenuto necessario, e ottimale, per l’esecuzione di una lavorazione e di ciascuna delle sue fasi (t. di preparazione, t. per le operazioni accessorie, ecc.); t. di coagulazione, t. di emorragia, t. di latenza, in medicina; t. di reazione, in psicologia sperimentale, l’intervallo di tempo necessario perché un soggetto risponda a uno stimolo. Con accezione specifica in informatica, operazioni in t. reale, ottenere un’informazione o una risposta in t. reale, e sim., v. reale2, n. 1 g (l’espressione si sente oggi spesso adoperata con uso estens., per significare «con grande rapidità»; con altro senso, invece, in cinematografia, si dice che una sequenza si svolge in t. reale se l’azione ha la stessa durata che avrebbe nella realtà); per tempo di accesso, sempre in informatica, v. accesso, n. 1 c. Nell’uso com.: t. di cottura di un cibo; t. di posa, in fotografia; tempi di marcia, stabiliti, per spostamenti di persone e mezzi, da una apposita tabella (tabella di marcia, v. tabella). Nel linguaggio sport., tempo, o t. regolamentare, la durata complessiva dello svolgimento di una partita, di una gara o competizione; in varî giochi con la palla, t. (di gioco), ciascuna delle fasi, di eguale durata e intervallate da alcuni minuti di riposo, in cui è suddivisa la partita: segnare una rete allo scadere del t., o del primo t., del secondo t.; t. supplementare, negli sport a squadre, il supplemento di partita che viene giocato in determinate occasioni oltre il tempo regolamentare (per es., nelle eliminatorie di un torneo, in caso di pareggio); t. sospeso, il periodo di tempo per cui nella pallacanestro in particolari circostanze, viene interrotto il gioco e fermato il cronometro che segna il tempo; t. massimo, nelle corse, il limite massimo di tempo entro il quale i partecipanti devono raggiungere il traguardo per essere inclusi nella classifica: è stato eliminato perché è arrivato fuori t. massimo. In alcune espressioni è usato il plur. tempi (prob. per influsso di termini) con sign. sostanzialmente identico a quello del sing. («periodo, intervallo di tempo stabilito o previsto per determinati fatti e adempimenti»): t. lunghi e t. brevi, soprattutto come scadenza a lungo o breve termine (un progetto, un piano, un intervento da realizzare a t. lunghi o brevi; programmare a t. lunghi o brevi); allungare, accorciare i t., il periodo di tempo normalmente necessario o opportuno per un adempimento: cercare di allungare, o accorciare, i t. di un processo, di un’inchiesta; t. morti, i momenti di pausa o di attesa, e perciò infruttuosi, in un’attività produttiva (nella produzione di un film, sono detti t. morti quelli in cui non c’è azione significativa ai fini dello svolgimento della narrazione); in un processo tecnologico, in un dispositivo di misura, ecc., è detto t. morto il rapporto, espresso generalm. in percentuale, fra il tempo di attesa e il tempo totale di funzionamento; t. tecnici, il periodo di tempo minimo richiesto per il compimento delle varie operazioni che concorrono a una determinata produzione o al disbrigo di una pratica, che non può quindi essere abbreviato con un’intensificazione dell’attività umana (nel linguaggio corrente, è espressione cui spesso si ricorre per giustificare ritardi che, in realtà, potevano essere evitati). f. In senso ampio, in geologia, t. geologico, l’intervallo cronologico della storia della Terra entro il quale sono possibili datazioni, o di tipo relativo (sulla scorta di fossili, di avvenimenti geologici particolari) o di tipo assoluto (di solito in base a metodi isotopici). L’unità di t. geologico è di regola il milione di anni, ma per l’era quaternaria si può scendere anche al migliaio di anni. g. Con uso più generico, intervallo di una certa durata entro il quale un’attività viene espletata o qualche fatto si estende: ci metti tanto t. a vestirti?; come mai hai impiegato tanto t. a tornare?; quanto t. ci vuole per ... (cucire un abito, riparare un motore, fabbricare uno strumento, costruire un palazzo, ecc.)?; il t. minimo che ci vuole per questo lavoro è di otto giorni; quanto t. dura lo spettacolo?; l’importanza del fattore t., per il compimento di un qualsiasi lavoro, ecc.; datemi il t. necessario per preparare i documenti; non m’ha dato neanche t. di riflettere; senza dargli t. di dire né sì né no; non c’è neppure il t. materiale per mangiare un boccone. Usato assol., indica spesso spazio di tempo non breve: ci vuole t. a farlo, ci mette t. a bollire, ecc.; anche con l’agg. possessivo: sono esercizî difficili, e richiedono il loro t. a impararli (più pop., e ci vuole il suo t. a impararli); lo stampato lo sapeva leggere, mettendoci il suo t. (Manzoni). Con valore pleonastico: partì subito, e nel t. di una settimana era già di ritorno; si misero a lavorare di lena, e in t. di tre giorni la casa era tutta rimessa a nuovo. h. Riferendosi a intervalli chiusi entro limiti assegnati: la consegna dev’essere fatta entro questi termini di t.; il debito deve essere saldato nel t. di un mese; è finito il t., è scaduto il termine assegnato; t. legale, quello fissato o consentito dalla legge. Per l’unità di t. nella tragedia classica, v. unità, n. 1 a. Indicando l’intervallo di tempo che manca a un termine fissato: quanto t. c’è (o manca) alla partenza del treno, al termine della lezione?; eh, c’è t., c’è ancora t.; non c’è più t.; affrettiamoci, non abbiamo molto t.!; il t. incalza, il t. stringe, si avvicina rapidamente il momento entro il quale una cosa dev’essere compiuta. Con implicita l’idea dell’indugio, della dilazione concessa: abbiamo ancora un giorno di t. prima di ...; hai t. tre giorni per cambiare idea; datemi otto giorni di t. e vi consegnerò un lavoro perfetto; prese t. prima di rispondere (o a rispondere); ora pensa a guarire, per il lavoro c’è sempre t. (o sei sempre in t.); ma c’era t., non occorreva che si disturbasse a venire apposta!; pensavo che il t. davanti a me fosse sterminato, che tutto fosse ancora da venire, che c’era t., c’era sempre t. e ogni cosa doveva arrivare col t. e dunque potevo aspettare, potevo rimandare (Raffaele La Capria); senza perdere t., senza por t. in mezzo, senza indugiare; sono i rimedi loro pericolosissimi, quando egli hanno a rimediare a una cosa che non aspetti t. (Machiavelli), che non ammette indugio; acquistare, guadagnare t., fare le cose con un certo anticipo o più rapidamente, perché rimanga poi più tempo libero; con altro senso, tu cerchi solo di guadagnar t., di tirare le cose in lungo nella speranza o nell’attesa che la cosa si risolva da sé, che arrivi l’aiuto desiderato. i. Parte della giornata assegnata a un determinato impiego: il t. dello studio, del lavoro, della ricreazione; aumentare, allungare, diminuire, abbreviare il t. del riposo; rubare il t. al sonno, accorciarlo per poter lavorare di più o per impiegarlo diversamente; parte della giornata (o anche di più lungo periodo) che si assegna o sia disponibile per qualche attività: far buon uso, cattivo uso del t.; saper distribuire, sfruttare il proprio t.; hai un po’ di t. libero?; hai un po’ di t. per me?; puoi dedicarmi un po’ del tuo t.?; bisogna trovare t. a tante cose; è una donna attivissima, e sa trovar t. a tutto; non ho mai un minuto, un briciolo di t. (s’intende libero, disponibile); e chi ce l’ha, e dove lo trovo, e chi me lo dà il t.? (per fare qualche cosa che viene richiesta o imposta); sono lavoretti da farsi nei ritagli di t., a t. avanzato, a t. perso, nei momenti liberi da lavori più impegnativi; sprecare, buttare via il t., facendo cose inutili o giocherellando; se tenti di convincermi, sprechi il tuo t.; hai proprio tanto t. da buttare?, a chi si perde in inezie; buttar via t. e quattrini, fare qualcosa di completamente inutile, senza effetto o senza pro alcuno; perder t., perdere il t., farlo passare senza concludere nulla: suvvia, mettiti a studiare e non perder t.; tu mi fai perder il t. con le tue chiacchiere; Ché perder t. a chi più sa più spiace (Dante); sta’ pur sicuro che non ho perso t., che ho agito con prontezza e in modo efficace; ha fatto una rapida carriera, non ha perso t., di chi ha saputo sfruttare ogni possibile situazione favorevole per trarne immediati vantaggi; a volerlo educare, è t. perso; per conto mio, è tutto t. perso!, modo fam. con cui si giudica opera inconcludente ciò che qualcuno fa o che si è in qualche modo obbligati a fare o che anche si fa di propria iniziativa ma senza convinzione; riguadagnare il t. perduto. Con riferimento a intervalli liberi, le locuz. fam. passare, ingannare, ammazzare il t. (chiacchierando, giocando o facendo altra cosa che impedisca di annoiarsi): sono andato al cinema tanto per ingannare il t.; si fanno due chiacchiere, così, per ammazzare il t.; com. il prov. chi ha t. non aspetti t., invito a operare subito, a non dilazionare, a cogliere l’occasione quando si presenta. Con particolare sign. le locuz. avere e più com. darsi bel t. o buon t., spassarsela allegramente e spensieratamente: si danno buon t. e non si preoccupano di nulla; cominciò di lui a avere il più bel t. del mondo (Boccaccio), a sollazzarsi con lui; v. anche buontempo, e cfr. buontempone. l. In sociologia, t. libero, la parte della giornata che resta libera dagli impegni di lavoro e disponibile per il lavoratore: il t. libero è diventato un complesso problema nelle società moderne; l’organizzazione sociale del t. libero, l’intervento degli enti locali per organizzare il t. libero (con attività artistiche e culturali, sportive e turistiche, con corsi varî, ecc.). Nell’organizzazione dell’insegnamento, scuola a t. pieno o integrata, scuola dell’obbligo o media superiore che viene frequentata dagli alunni per l’intera giornata o per gran parte di essa, e che ha la funzione di integrare l’insegnamento normale, con la guida degli stessi docenti (e in questo caso si è parlato anche di t. prolungato) e di altri appositi, di assistenti e di esperti, e di promuovere altre attività e interessi varî. Nel rapporto di lavoro dipendente, impiego a t. pieno (meno com. a pieno t.), o a t. parziale o definito o determinato (e assol.: fare il t. pieno, lavorare a t. definito, scegliere il t. determinato), a seconda che la prestazione d’opera venga svolta per l’intero orario giornaliero o settimanale di lavoro previsto per la categoria, o solo per una parte di esso, non inferiore normalmente alla metà (v. anche le equivalenti locuz. ingl. full time e part time, di cui quelle ital. sono il calco). 3. a. Intervallo di tempo più o meno prolungato, che per motivi o caratteri particolari si distingua con una fisionomia propria, senza collocarsi in un determinato momento presente, passato o futuro: in t. di pace, di guerra, di carestia, di fame; nessun maggior dolore Che ricordarsi del t. felice Ne la miseria (Dante); periodo o età della vita: e intanto vola Il caro t. giovanil (Leopardi); è passato quel t., non è più quel t. in cui ..., tornerà ancora quel tempo. b. Spazio dell’anno (o comunque ricorrente), di una certa durata (che può essere fissa o no), dotato di proprie caratteristiche: t. d’estate; in t. di vacanze, di carnevale; in t. di luna piena; nel t. dei bagni; nell’anno liturgico, t. quaresimale o di quaresima; t. pasquale; il t. d’avvento; t. ordinario (v. ordinario, alla fine del n. 1); con accezione partic., nella locuz. proprio del tempo (traduz. del lat. liturgico proprium de tempore), riferita a quelle preghiere o letture della messa o dell’ufficio che non rientrano nelle parti ordinarie e comuni ma sono legate alle ricorrenze cristologiche del Natale e della Pasqua (e della Pentecoste), escluse quindi le feste dei santi (v. proprio, n. 2 b). Anche, spazio dell’anno in cui si ripete periodicamente qualche fatto naturale o attività: il t. della mietitura, della vendemmia; al t. dell’uva, dei fichi, delle ciliegie (e anche: questo non è ancora il t. delle fragole; frutta maturata fuori tempo, ecc.); al t. dei colombacci, delle starne, e sim. Più raram. riferito a un momento o a una parte del giorno: Temp’era dal principio del mattino (Dante); Tempo era quando l’alba s’avicina, E divien fosca l’aria ove era bruna (Poliziano); (di) notte t. (più com. in grafia unita, nottetempo), nel corso della notte. c. Intervallo di tempo, anche di brevissima durata, nel quale qualche cosa va fatta o accade; quindi, momento stabilito, o proprio, adatto, opportuno: rinviare a t. indeterminato, contratto a t. indeterminato, di cui non è prefissato il termine; t. utile, per la presentazione di documenti, di una domanda, di un ricorso, ecc., e, in diritto, quello durante il quale possono essere compiuti alcuni atti giuridici; ogni cosa va fatta a t. debito, al momento adatto e dovuto (per la locuz. t. debito, nei contratti di compravendita, v. debito, n. 21); a suo t., al momento giusto: ogni cosa va fatta a suo t. (o, più brevemente, ogni cosa a suo t.); lo saprai a suo t., te lo dirò a suo t., quando sarà giunto il momento; prima del t., prima dei termini stabiliti o normali: sei venuto prima del t.; è nato prima del t. (e precisando: 15 giorni, due mesi prima del t.); è invecchiato prima del t.; letter., anzi t., innanzi t., con lo stesso senso: el vive, e lunga vita ancor aspetta Se ’nnanzi tempo grazia a sé nol chiama (Dante); del Pelide Achille L’ira funesta ... molte anzi t. all’Orco Generose travolse alme d’eroi (V. Monti). È t. di ..., è t. che ... (seguito da un verbo), è il momento giusto o adatto per ...: parve allora a Tedaldo t. di palesarsi (Boccaccio); È t. ormai che i tuoi valletti al dorso Con lieve man ti adattino le vesti (Parini); è t. di agire; sarà t. di metterci in cammino; non è ancora t. di parlare; ora è t. di far vedere quello che vali; è giunto il t. che anche lui renda i conti (o, con un sost. verbale, il t. della resa dei conti); spesso con riferimento a cosa che si ritiene avrebbe dovuto essere già fatta o che comunque si pensa di non dover ritardare: è t. ormai che tu lo sappia; è t. di farla finita!; non ti pare che sia t. di metter giudizio?; anche in espressioni ellittiche: era t.!; sarebbe t., mi pare! Nel pugilato e nella scherma, il momento opportuno per lo svolgimento di un’azione: saper approfittare del t., uscire in t., rientrare in tempo. Con uso generico, in tempo, meno com. a tempo, in tempo utile (contrapp. a tardi, troppo tardi): se n’è accorto, si è ritirato, si è pentito in t.; spec. con i verbi essere, arrivare, fare: se vuoi rescindere il contratto, sei ancora in t.; sono in t. a presentare la domanda?; a farlo, siamo sempre in t., non c’è fretta; arrivi proprio in t., a t. (anche nella forma del superl.: sei arrivato in tempissimo); farò in t. a prendere il treno?; facciamo in t. a prendere un caffè prima che cominci lo spettacolo?; feci appena in t. a scendere, che la vettura si rimise in moto. Per indicare più efficacemente l’opportunità, è frequente la locuz. t. e luogo (meno com. luogo e t.): ogni cosa va fatta a t. e luogo; Poi che la fiamma fu venuta quivi Dove parve al mio duca t. e loco, In questa forma lui parlare audivi (Dante); Come uom ch’a nocer luogo e t. aspetta (Petrarca); poi a luogo e a t. manifesteremo il fatto (Boccaccio). In qualche contesto, occasione favorevole, momento propizio: il t. viene sempre per chi lo sa aspettare; anticam. anche senza l’articolo: pensò di non palesare a alcuna persona chi fossero, se tempo di ciò non vedesse (Boccaccio); cogliere il t., e ant. coglier t., prendere t., cogliere il momento adatto, sfruttare l’occasione: Lo Navarrese ben suo t. colse; Fermò le piante a terra, e in un punto Saltò e dal proposto lor si sciolse (Dante); la duchessa, preso t., ... con lagrime assai e con parole molte tutta la istoria narrò (Boccaccio); con altro sign., prendere t., indugiare, cercare di differire una scadenza, di ritardare una risposta o un’azione che non si vuole o non si può ancora fornire, ecc.: cercò in tutti i modi di prendere t. per eludere la promessa; è inutile provare a prendere t.; anche prendersi del tempo: il lavoro è lungo e impegnativo, mi prenderò del tempo. Per l’espressione di s. Paolo pienezza dei t., v. pienezza. 4. a. Periodo o momento della progressione temporale, concepita non nel suo movimento ma staticamente, per determinare cioè non il quanto, la durata, ma il quando (alcuni esempî di quest’uso si trovano però anche nel numero che precede): il t. presente, passato, futuro (anche nomi di forme grammaticali: v. oltre); nel t. attuale; gli uomini del t. antico (e spesso del buon t. antico); T. futuro m’è già nel cospetto, Cui non sarà quest’ora molto antica (Dante); ci fu un t. in cui, verrà un t. in cui ... Con riferimento al passato: fu pressappoco in quel t. che ci conoscemmo; in quel t. io ero ..., in quel t. ci trovavamo ... (dove in quel t. equivale a allora); al plur., in quei t., a quei t., alludendo a tempo e ad avvenimenti lontani (invece tempo fa, t. addietro, indica un passato più prossimo); al t. della mia infanzia; al t. mio, ai miei t., ai t. nostri, espressioni con cui si è soliti richiamare, con un senso di nostalgia e spesso con esaltazione non sempre giustificata, tempi trascorsi (della propria giovinezza, della propria carriera, e sim.), soprattutto con riferimento a presunti valori allora particolarmente avvertiti: Quante lagrime, lasso, e quanti versi Ho già sparti al mio t. (Petrarca); al t. dei nostri padri; al t. d’i dolci sospiri, A che e come concedette amore Che conosceste i dubbiosi disiri? (Dante); ant., in quel mezzo t., in quel frattempo, intanto: con la cavriuola la quale in quel mezzo t. era tornata (Boccaccio). Con valore avv., un tempo, nel passato, in un’epoca più o meno remota: un t. si credeva ..., un t. si faceva così ...; Fu forse un t. dolce cosa amore (Petrarca); Quante immagini un t., e quante fole Creommi nel pensier l’aspetto vostro (Leopardi). Come inizio di narrazioni: vi fu un t. in cui ..., e letter. t. già fu che ...: T. già fu, che il pargoletto Amore Dato era in guardia al suo fratello Imene (Parini). Con riferimento al futuro: T. verrà ancor forse Ch’a l’usato soggiorno Torni la fera bella e mansüeta (Petrarca); rinviare a t. indeterminato (e col sign. di occasione, circostanza: rimandare ad altro t., a miglior t.); Ogni diletto e gioco Indugio in altro t. (Leopardi). In ogni t., sempre; d’ogni t., in qualsiasi momento o circostanza (le due espressioni differiscono in quanto la prima indica per lo più continuità nel tempo, valore che la seconda non ha necessariamente); in nessun t., mai. b. In linguistica e grammatica, tempo, il momento in cui si svolge o sussiste l’azione e la situazione espressa dal verbo: la categoria del t., categoria verbale realizzata nelle diverse lingue con mezzi e procedimenti formali diversi; t. semplici (per es., in ital., io vedo, essi verranno) e t. composti (con un altro verbo ausiliare: per es. io ho visto, essi sono venuti); t. assoluti, riferiti al momento in cui il soggetto parla o scrive (t. presente, passato, futuro), e t. relativi, riferiti al tempo di un altro verbo dello stesso periodo (t. futuro anteriore, piuccheperfetto). Complementi di tempo, i complementi che esprimono una nozione temporale: complemento di t. determinato, che risponde alla domanda «quando?» (per es.: «Sono arrivato giovedì scorso»); complemento di t. continuato, che risponde alla domanda «(per) quanto tempo?» (per es.: «Il viaggio è durato tre giorni»); altri complementi esprimono rapporti temporali diversi, come l’anteriorità (otto giorni prima), la posteriorità (sei mesi dopo), l’intervallo di tempo (di qui a qualche anno). c. Con più preciso riferimento a epoche storiche: al t. dei Romani, al t. delle crociate; nel t. della prima guerra mondiale; vissi a Roma sotto ’l buono Augusto Nel t. de li dèi falsi e bugiardi (Dante); con nomi di regnanti o di uomini eminenti, per indicare il periodo storico dominato dalla loro figura: al t. di Carlo Magno, di Sisto V, del Cavour, ecc.; scherz., al t. di re Pipino, al t. che Berta filava, in tempi assai lontani e in condizioni storiche o sociali assai diverse da quelle odierne (anche: non è più il t. che Berta filava, per intendere che certe usanze o mentalità sono ormai cambiate). Come locuz. agg., del t., contemporaneo a un avvenimento, appartenente alla stessa epoca: nelle fonti, nei documenti, negli autori del t.; copia del t. (copia di un quadro fatta nella medesima epoca, o pressappoco, in cui fu dipinto l’originale); tela con cornice del t., libro con legatura del t., ecc. Frequente al plur., per designare un’epoca dai limiti definiti solo vagamente, o per riferirsi, più che all’epoca in sé, alle condizioni storiche e ambientali, ai costumi, ai modi di vita: nei t. antichi; in t. remoti; t. favolosi, eroici, barbarici; i t. moderni; dai più lontani t.; negli ultimi t. della repubblica; al t. dei t., in età assai remota; fatti che si perdono nella notte dei t.; in tempi di lotte civili, di corruzione, di dissoluzione; t. torbidi, duri, difficili; che tempi erano quelli!; beati quei t.!; altri t.! (per significare che le condizioni sono molto cambiate da allora); speriamo in t. migliori; con i t. che corrono, c’è poco da stare allegri; bisogna adattarsi ai t.; essere all’altezza dei t., sapersi conformare alle esigenze di un’epoca eccezionale o a situazioni particolarmente delicate. Più espressamente (sempre al plur.), circostanza: Papa Iulio II procedé in ogni sua cosa impetuosamente; e trovò tanto e’ [= i] t. e le cose conforme a quello suo modo di procedere, che sempre sortì felice fine (Machiavelli); E me che i t. ed il desio d’onore Fan per diversa gente ir fuggitivo (Foscolo). 5. In musica: a. Indicazione agogica che prescrive un movimento più o meno rapido cui attenersi nell’esecuzione di un pezzo: t. lento, veloce, largo, ecc., in genere indicato con didascalie di preciso valore (Adagio, Andante, Presto, Allegro, Vivace, ecc.); allargare, stringere, rallentare, affrettare il t.; a tempo, o tempo I°, didascalia apposta nel punto dove il movimento deve, dopo una qualsiasi variante (accelerazione o rallentamento), riprendere il passo iniziale. b. Pezzo che fa parte di una composizione sinfonica, analogo a ciò che è l’atto nelle produzioni teatrali (il nome deriva dal fatto che ogni parte ha un tempo, cioè un andamento agogico diverso): il 1°, il 2° t. del concerto, di una suite, ecc. Nella sinfonia classica, i tempi o movimenti sono quattro, e generalmente si susseguono nella scansione: Allegro, Adagio, Minuetto (o Scherzo), Finale (o Presto); l’ordine, a volte, può essere diverso: la IX sinfonia di Beethoven, per es., ha lo Scherzo al secondo posto e l’Adagio al terzo; oppure l’ultimo è un Adagio, come nella VI sinfonia di Čajkovskij. c. Unità di durata nel sistema ritmico-metrico di un pezzo (che anche si dice unità di tempo). Esistono t. pari e t. dispari, t. forti e t. deboli: t. forte (o in battere) è quello che riceve nella misura l’accento più forte; t. debole (o in levare) quello non o poco accentato; si ha inoltre il t. mezzo forte. Per es., nella misura di 4/4 il primo tempo è forte, il secondo debole, il terzo mezzo forte, il quarto debole. d. Il termine è talora usato anche come sinon. meno com. di metro o misura o battuta (t. in 4/4, in 3/8, ecc.) o di ritmo (t. binario, ternario, quinario, ecc.). e. In alcune frasi, si fondono insieme i sign. a e d; per es.: battere il t.; a t. di valzer, di marcia, di minuetto; andare a t., seguire esattamente il movimento e il ritmo dovuti (e così, cantare, ballare a t.); al contr., non andare a t., andare fuori t., accelerando o rallentando rispetto agli altri esecutori o rispetto al movimento esatto. Per il t. rubato, v. rubato. 6. Con sign. affini a quelli musicali (o a taluno di essi), e in genere derivati per estens. da quelli: a. Nella metrica classica, misura equivalente al valore di una vocale breve: la sillaba lunga ha due tempi; t. forte e t. debole, le parti del piede corrispondenti rispettivam. all’arsi e alla tesi (in cui cioè cade o non cade l’ictus). b. Ciascuna delle parti in cui è suddivisa un’opera teatrale o una proiezione cinematografica (suddivisione che oggi ha per lo più sostituito quella tradizionale in atti): commedia in due t. e sette quadri; film in due t.; una volta, al cinema, si poteva entrare anche all’inizio del secondo tempo. c. Ciascuno dei movimenti di cui è formata un’azione complessa: passo di danza eseguito in tre t.; azione schermistica in quattro t.; il caricamento del fucile va eseguito in tre, quattro, sei t., ecc. Nella ginnastica, ciascuna delle due suddivisioni di una misura di un esercizio, ognuna, a sua volta, comprendente un t. di azione e un t. di fermata; al t.!, comando di sospendere l’esecuzione dell’esercizio per effettuare una ripetizione (con uso estens., l’espressione al t. serve spesso ad annullare un ordine, o anche una frase qualsiasi pronunciata e che s’intenda correggere, o sim.). Genericam., fare qualcosa in più tempi, a intervalli, con interruzioni. d. Nel ciclo di funzionamento di un motore termico, ciascuna delle trasformazioni che subisce il fluido motore: motore a due t., a quattro t. (v. motore2, n. 1 b). e. Nelle gare sportive di velocità, la punta massima di velocità raggiunta da un corridore: il miglior t. è stato ...; o più genericam. una media alta di velocità: tenere un buon tempo. f. Nell’ippica, categoria a tempo, una delle categorie di salto nei concorsi ippici; il percorso, che comprende in genere 12 ostacoli (in caso di parità viene ripetuto, in tutto o in parte, riducendo il numero degli ostacoli), deve essere coperto a una velocità non inferiore a 350 m al minuto. g. Nell’andatura degli animali domestici, l’intervallo fra una battuta e l’altra. 7. ant. Stagione, spec. nell’espressione primo t., o nuovo t., la primavera (cfr. il fr. printemps); In guisa di pastor ch’al nuovo tempo Faccia zampogne a risonar le valli (L. Alamanni). 8. Per estens., l’insieme delle condizioni fisiche atmosferiche (cioè quello che più propriam. dovrebbe chiamarsi stato meteorologico, e che viene anche detto stato del tempo o tempo meteorologico), caratterizzato dalle condizioni meteorologiche (temperatura, stato del cielo, umidità, pressione atmosferica, vento, ecc.): t. locale o t. in grande, a seconda che le condizioni stesse siano relative a una regione piuttosto ristretta o abbraccino invece una superficie piuttosto vasta, per es. tutto un continente; previsioni del t., previsioni sulle condizioni meteorologiche relative a una zona più o meno ampia e a un limitato numero di ore o di giorni. Nell’uso corrente: t. sereno, variabile, nuvoloso, piovoso; è bel t., brutto t., t. pessimo (come predicato: è bel t., fa bel t., ecc.); t. orribile, infernale; un t. da lupi, da cani, molto brutto; un t. primaverile, un t. meraviglioso (con riguardo a singole condizioni meteorologiche: t. umido; t. chiaro, scuro, grigio, nero; t. pesante; t. freddo, rigido, ecc.); com’è il t. oggi?; il t. regge, si mantiene, resiste o cambia, si guasta, migliora, si è rimesso, tende al bello; esce sempre senza soprabito, con qualunque t.; domattina, t. permettendo, andremo in barca, se il tempo lo permetterà, se farà bel tempo. Frasi speciali: sentire il t., avvertire in base a dolori, a uno stato insolito di irritabilità o ad altri disturbi, il peggioramento imminente del tempo; la nebbia lascia il t. che trova, in quanto normalmente non porta modificazioni notevoli alle condizioni atmosferiche generali (fig., lascia il t. che trova, di azione o intervento che non produce alcun effetto); parlare del t., conversare di cose indifferenti, di un argomento neutro (soprattutto in caso di imbarazzo, o di noia); fare la pioggia e il bel t., fare il bello e il brutto (o il buono e il cattivo) t., di persona che ha, in un ambiente determinato, autorità piena e indiscussa. 9. Locuzioni avv. e agg.: a. A tempo, lo stesso che in tempo, nelle espressioni essere a t., fare a t., per indicare che c’è ancora possibilità, che non è tardi per fare qualche cosa: di cotesto saremo a t. a discorrere quando sarà venuta l’usanza che non si muoia (Leopardi); al momento opportuno o, con sign. più partic., ogni tanto, di quando in quando (che anche si dice di tempo in tempo): Ordinò general ministra e duce Che permutasse a tempo li ben vani Di gente in gente e d’uno in altro sangue (Dante); per un periodo di tempo determinato: condannato a t. (non a vita); il Dittatore era fatto a t., e non in perpetuo (Machiavelli); salario a t., con retribuzione a giornata, a settimana, a quindicina (in contrapp. al salario a cottimo). Per il valore della locuz. a tempo in musica, v. sopra, al n. 5 e. b. Al t. stesso, contemporaneamente, insieme: è al t. stesso giusto e sbagliato; può essere al t. stesso utile e dilettevole. c. A un t., contemporaneamente, insieme, nello stesso momento (anche col sign. della locuz. prec.): fra le acute Voci di dame cicalanti a un t. (Parini); si sentiva a un t. triste e felice. d. Per tempo, presto, sollecitamente, di buon’ora: alzarsi, mettersi in cammino per t.; dovevi pensarci per t., ora è troppo tardi; E s’io non fossi sì per t. morto, ... Dato t’avrei a l’opera conforto (Dante); perché non venne Ella più tardi, over io più per tempo? (Petrarca). Si usa anche il superl. per tempissimo, in quanto per tempo è sentito come una locuz. avv.: Pietro una mattina per tempissimo levatosi con lei insieme montò a cavallo (Boccaccio); domattina devo alzarmi per tempissimo. e. Nel linguaggio comm. e burocr., a far tempo da, a partire da, cominciando da: per un periodo di tre mesi, a far t. dal 1° gennaio. 10. Con iniziale maiuscola, il Tempo, personificazione del tempo, rappresentato di solito come un vecchio dalla lunga barba bianca. ◆ Dim. tempétto, tempino, rari e per lo più in usi scherz. o iron.; spreg., non com., tempùccio; molto frequente il pegg. tempàccio (riferiti tutti prevalentemente alle condizioni atmosferiche).