tenebra
tènebra (poet. tenèbra) s. f. [dal lat. tenĕbrae -arum]. – Oscurità profonda, completa (è usato per lo più, e nel linguaggio com. sempre, al plur.): fitte, dense t.; le t. notturne; Non però ch’altra cosa desse briga, Che la notturna t., ad ir suso (Dante); veggendo lei con la bianchezza del suo corpo vincere le t. della notte (Boccaccio); Veggiono il cel di tenebre coperto (Poliziano); inquïete Tenebre e lunghe all’universo meni (Foscolo); i ciechi vivono nelle t.; ufficio delle t., nella liturgia cattolica, l’ufficio notturno degli ultimi tre giorni della settimana santa (abolito con la riforma del 1955). In usi fig., per indicare l’ignoranza (in contrapp. alla luce della verità o della ragione): le t. del medioevo; il fatto è avvolto nelle più fitte t., nelle t. del mistero; Lume non è ... anzi è tenèbra (Dante); gli uomini hanno preferito le t. alla luce, frase del Vangelo di Giovanni, nota anche con varianti di traduzione (vollero piuttosto, ecc.): v. luce, n. 2 c; quindi la condizione dell’anima lontana dalla luce della verità, di Dio, della virtù: angelo, re delle t., il demonio; il regno delle t., l’inferno, l’oltretomba; Dov’è silenzio e tenebre La gloria che passò (Manzoni), con riferimento appunto all’oltretomba.