teorema
teorèma s. m. [dal lat. tardo theorēma, gr. ϑεώρημα (propr. «ricerca, meditazione», der. di ϑεω-ρέω «esaminare, osservare»)] (pl. -i). – 1. Nella cultura classica e medievale, la «visione» sensibile o intellettiva e il relativo oggetto, soprattutto nell’ambito dell’esperienza contemplativa; più generalm., dottrina o insieme di dottrine proprie di un determinato ambito o di una determinata disciplina (spec. l’astrologia). In partic., nell’etica, «modello» di comportamento, e, come tale, esempio da seguire. 2. In matematica e nelle scienze deduttive, ogni enunciato (o formula o proprietà) che può essere dimostrato, cioè che può essere dedotto logicamente dagli enunciati primitivi, detti assiomi o postulati (scoprire e dimostrare teoremi rappresenta lo scopo fondamentale dell’attività matematica in quanto costituiscono la parte più significativa di una teoria). I teoremi prendono il nome, di solito, dal loro contenuto (t. dei seni, t. dei triangoli omologici, t. di esistenza e unicità, ecc.), dalla loro posizione in un ramo della matematica (t. fondamentale dell’algebra), dal loro scopritore, reale o presunto (t. di Pitagora, t. di Gödel); talvolta, un teorema va sotto il nome di corollario o di lemma (v. le rispettive voci). In un teorema si distinguono in genere l’ipotesi (proprietà che si suppongono valide fin dall’inizio) e la tesi (proprietà che s’intende dimostrare); si parla poi di t. invertibile, se, scambiando nell’enunciato l’ipotesi con la tesi, si ottiene un nuovo teorema (t. inverso). 3. Per estens., nel linguaggio giornalistico, il termine è usato, in genere insieme al nome di chi l’ha formulata, per indicare un’argomentazione teorica che, poggiando su ipotesi più o meno valide (talora anche sulla testimonianza di criminali o terroristi pentiti), individua, o pretende di individuare, ove l’uso del termine assuma connotazione polemica, una rete di collegamenti tra episodî criminosi apparentemente irrelati: l’inchiesta ha fatto crollare il t. del complotto.