tifo
s. m. [dal gr. τῦϕος «fumo, vapore; fantasia; febbre con torpore» (cfr. lat. typhus «superbia»)]. – 1. In medicina, nome dato a più quadri morbosi che, pur presentando le più disparate eziopatogenesi, hanno in comune (almeno in una fase del loro decorso e talora limitatamente alle forme cliniche più gravi) un particolare quadro sintomatologico detto stato tifoso (v. tifoso, n. 1 a). Tra le forme più frequenti e gravi: t. addominale (o febbre tifoide o ileotifo), malattia infettiva e contagiosa acuta causata da un bacillo specifico (Salmonella typhi) che, penetrando per via orale, invade l’intestino e quindi tutto l’organismo, provocando gravi lesioni e varie possibili complicazioni; t. esantematico (o t. petecchiale, o t. castrense o degli accampamenti, o dermotifo), malattia infettiva e contagiosa, endemica o epidemica, causata da una rickettsia trasmessa dai pidocchi e caratterizzata da esantema maculoso ed emorragico; t. murino (o t. da ratto o da pulce, o t. endemico), malattia infettiva e contagiosa, spesso endemica, provocata da una rickettsia trasmessa dalle pulci dei ratti, simile al tifo esantematico ma a prognosi generalmente benigna; t. tubercolare, forma della tubercolosi miliare acuta, caratterizzata da febbre alta e da esantema (detta anche tubercolosi miliare tifoidea). 2. Passione sportiva accesa e entusiastica, soprattutto in quanto si esprime, in uno stato di eccitazione, con incitamenti, fischi, applausi, ecc., nel parteggiare per una squadra o un atleta durante una competizione: fare il t. per la squadra di calcio della propria città. Per estens., fare il t. per ..., dimostrare grande ammirazione, parteggiare accanitamente, essere acceso fautore, con riferimento sia ad attori e attrici del cinema, a cantanti, e in genere a persone che abbiano qualche notorietà (soprattutto in quanto si trovi, in qualsiasi forma, in competizione con altri), sia a manifestazioni, attività, ecc.