timido
tìmido agg. [dal lat. timĭdus, der. di timere «temere»]. – 1. a. Facile a impaurirsi, che ha e dimostra scarso coraggio, riferito a persone e ad animali: una t. fanciulla; [la natura] ci ha fatte ne’ corpi dilicate e morbide, negli animi timide e paurose (Boccaccio); le t. gazzelle; le pecore e i conigli sono ritenuti animali timidi. Riferito a persona (anche come sost.: è un timido), che non agisce con la fermezza che la sua condizione richiederebbe: E s’io al vero son t. amico, Temo ... (Dante); più spesso, incerto, impacciato, esitante nel comportamento per timore di non riuscire, di essere giudicato male dagli altri, di apparire indiscreto: una ragazza t.; è t. come un coniglio, come un collegiale; con le donne, è sempre stato t.; è troppo t. per farsi avanti. b. Che esprime o rivela timidezza: le rivolse un t. sguardo, le rispose con un t. saluto; fece un t. gesto di assenso; fatto, condotto con timidezza, senza la necessaria decisione o con scarsa convinzione, e quindi debole, non portato a fondo: fare una t. difesa, un t. tentativo di opposizione; non saranno questi t. provvedimenti a risolvere la crisi. 2. letter. Timoroso, impaurito, con riferimento a una determinata circostanza: Allor fu’ io più t. allo scoscio (Dante); Nastagio ... tutto t. divenuto e quasi non avendo pelo addosso che arricciato non fosse (Boccaccio); il Tonante Più adirate le folgori abbandona Su la t. terra (Foscolo). ◆ Dim. timidétto: e l’altre [pecorelle] stanno Timidette atterrando l’occhio e ’l muso (Dante); timidino, timidùccio, riferiti per lo più a bambini e ragazzi: è timidina, quella ragazzetta. ◆ Avv. timidaménte, con timidezza: fare timidamente un’obiezione, un rilievo; avanzare timidamente una proposta.