tolleranza
s. f. [dal lat. tolerantia, der. di tolerare «sopportare, tollerare»]. – 1. La capacità, la disposizione a tollerare, e il fatto stesso di tollerare, senza ricevere danno, qualche cosa che in sé sia o potrebbe essere spiacevole, dannosa, mal sopportata: avere, mostrare t. per il freddo, per il caldo, per i climi più diversi; non t. dell’organismo per determinati medicamenti, dello stomaco per alcuni cibi; avere o non avere t. per un medicinale, per un farmaco (per la penicillina, per i sulfamidici, ecc.). In biologia, t. immunitaria o immunologica (o anche immunotolleranza), condizione biologica particolare, che si può osservare in natura o può essere indotta sperimentalmente, caratterizzata dall’assenza di reazioni immunitarie a contatto con i proprî antigeni (la perdita di tolleranza verso antigeni proprî porta a malattie autoimmuni). In ecologia, legge della t., norma che definisce i limiti ecologici (quali alcuni fattori come luce, calore, acqua) che possono favorire o ostacolare l’accrescimento di un organismo in un determinato ambiente. 2. Il fatto di tollerare, nel senso di consentire o ammettere che qualche cosa esista, sia fatta, avvenga. In partic.: a. Atteggiamento teorico e pratico di chi, in fatto di religione, politica, etica, scienza, arte, letteratura, rispetta le convinzioni altrui, anche se profondamente diverse da quelle cui egli aderisce, e non ne impedisce la pratica estrinsecazione, o di chi consente in altri, con indulgenza e comprensione, un comportamento che sia difforme o addirittura contrastante ai suoi principî, alle sue esigenze, ai suoi desiderî: avere spirito di t.; ci vuole un po’ di t. per le idee altrui; pur essendo un uomo all’antica, ha sempre dato prova di t. nei riguardi dei giovani e della contestazione giovanile; Erasmo da Rotterdam fu l’assertore del principio della t.; la complessa storia del problema della t. religiosa, da parte degli stati, dei governi, delle comunità; l’«Editto di t.» di Costantino, quello con cui l’imperatore, nel 313, concesse libertà di culto ai cristiani; t. zero (per calco dall’ingl. zero tolerance 〈∫ìërou tòlërëns〉), complesso di decisioni e di provvedimenti legislativi miranti a perseguire i reati minori senza praticare sconti, e, anche, qualunque atteggiamento di radicale rifiuto a giustificare in qualche modo i reati in questione o i varî fenomeni che possano recare turbamento alla vita sociale o individuale: t. zero nei confronti di chi guida in stato di ubriachezza, dei disturbatori notturni, della criminalità, e sim. b. Nel linguaggio giur., il fatto che il titolare di un diritto consenta, con un contegno passivo, che altri eserciti il diritto a lui spettante; atto di t., atto compiuto con l’altrui tolleranza. c. Casa di t. (calco del fr. maison de tolérance), casa in cui viene esercitata, in modo organizzato, la prostituzione femminile, con la tolleranza esplicita (e quindi in forma legale) o tacita dello stato o dell’autorità; è nome più generico e neutro rispetto a postribolo, casino e al più letter. lupanare. 3. Tempo d’indugio consentito, rispetto alla data o al momento fissati, perché un determinato atto abbia inizio o compimento (cfr. il sinon. comporto): l’inizio delle lezioni è alle ore 8,30, con una t. massima di cinque minuti; il termine dei lavori deve avere luogo entro sei mesi dall’affidamento, con una t. che non potrà superare gli otto giorni. Con sign. affine, i limiti entro i quali è consentita una differenza qualsiasi, di carattere anche diverso da quello temporale, fra ciò che è stato fissato o progettato e la realizzazione effettiva; più in generale, nel linguaggio scient. e tecn., scarto massimo ammissibile tra il valore nominale e il valore reale di una grandezza fisica (per lo più espresso in unità relative: t. di 1 su 103 o anche, in percentuale, 0,1%). In partic., nella tecnologia meccanica, t. dimensionale, scostamento ammesso, nella fabbricazione industriale di un pezzo, tra le dimensioni definite dal disegno di progetto e le dimensioni effettive del pezzo costruito: più precisamente, la differenza tra la massima e la minima dimensione ammissibili; campo di t., l’insieme dei valori intermedî.