torre
tórre s. f. [lat. tŭrris, con molta probabilità da collegare con il gr. τύρρις, variante di τύρσις «torre», parola che potrebbe essere stata importata dall’Asia Minore dagli Etruschi, chiamati dai Greci Τυρρηνοί e Τυρσηνοί e in latino Tyrrheni]. – 1. a. Costruzione a sviluppo verticale più o meno accentuato, con pianta poligonale o circolare isolata o inserita, anche in serie, in un più complesso organismo, con funzioni difensive oppure di avvistamento, di segnalazione, di sostegno di campane e grandi orologi: un’antica t. preromana; le t. delle mura di cinta assire, egizie, greche; le 383 t. delle mura aureliane, a Roma; le t. merlate dei castelli medievali, di una fortezza rinascimentale; torri di guardia, di avvistamento, di allarme, situate su alture o lungo le coste, per segnalare eventuali offese nemiche, incursioni, ecc.; t. campanaria (o nolare), il campanile di chiese e altri edifici religiosi (la t. pendente di Pisa, la t. cilindrica di San Vitale a Ravenna; una t. romanica, gotica, barocca); t. comunale, la torre del palazzo del comune, per lo più fornita di campane o di orologio; Viene il vento recando il suon dell’ora Dalla t. del borgo (Leopardi); t. gentilizie, in palazzi e in borghi soprattutto medievali (le t. di San Gimignano). Frequente in toponimi di località il cui elemento caratteristico era una torre: Torre Pellice, Torre Annunziata, Torre del lago Puccini (diffuso anche il dim. Torricella: Torricella Peligna, Torricella in Sabina). b. In similitudini e usi fig. è spesso simbolo di stabilità, incrollabilità: essere saldo come una t.; Sta come t. ferma, che non crolla Già mai la cima per soffiar di venti (Dante); Ella sta fissa come t. al vento (Poliziano); essere una t. d’avorio, essere di costumi irreprensibili, d’onestà inespugnabile; chiudersi in una t. d’avorio, di chi si apparta in aristocratica solitudine, quasi ignorando i problemi sociali e politici che lo circondano (l’espressione deriva dal lat. turris eburnea, che nel Cantico dei Cantici VII, 4, è presa come termine di confronto per il collo della sposa: collum tuum sicut turris eburnea, ed è poi anche passata nelle litanie della Vergine). c. Torre di Babele, la torre altissima che, secondo il racconto biblico (Genesi 11, 1-9), gli antichi abitanti di Semaar (identificata con Babele), nell’Asia anteriore, intrapresero a costruire per arrivare fino al cielo, per cui Dio, volendo punire il loro orgoglio, ne provocò la confusione delle lingue e la conseguente dispersione; di qui, in senso fig., t. di Babele, grande confusione e disordine. d. In araldica, figurazione di una torre merlata (se i merli sono più di tre ne viene indicato il numero: t. merlata di 4 pezzi, ecc.), generalmente rotonda negli scudi oppure, se quadrata, blasonata: t. aperta, chiusa, finestrata, murata, rovinata, scalinata o gradata, torricellata, ecc. e. Frequente la locuz. agg. e avv. a torre, per indicare edifici, costruzioni e strutture a notevole sviluppo verticale (edificio a t.; sili, depositi, parcheggi a t.); con uso analogo, nel linguaggio medico, cranio a t., sinon. di oxicefalia, turricefalia. 2. a. Antica macchina guerresca, a forma di torre a più ripiani, fornita di ruote, che si poteva accostare alle mura di città assediate (detta perciò anche t. mobile). b. Piccola incastellatura di legno che si sistemava sul dorso di elefanti da combattimento e in cui potevano trovare posto alcuni uomini armati. 3. a. Nelle navi da guerra, t. di comando, struttura corazzata chiusa, di forma cilindrica o a base poligonale, fissa o girevole, destinata a contenere e proteggere il personale e gli organi di comando, le artiglierie, la direzione del tiro. b. Nave a torre, speciale tipo di nave da carico secco alla rinfusa diffuso alla fine del secolo 19°, caratterizzato da un ponte di coperta con minimo bordo libero e da una stretta sovrastruttura, completa da poppa a prua. 4. Struttura o apparecchiatura artificiale simile, per l’alto sviluppo verticale, a una torre, destinata a operazioni e attività tecnologiche e scientifiche varie: t. di lancio per paracadutisti, traliccio metallico di notevole altezza eretto in campi di addestramento per le esercitazioni di lancio degli allievi paracadutisti; t. anti-gravitazionale, alto edificio nel quale è disposto un tubo verticale (dell’altezza fino a 50 m e oltre) in cui si effettuano esperimenti di caduta libera nel vuoto; t. di controllo, negli aeroporti, edificio contenente le apparecchiature e gli operatori addetti al controllo del traffico aeroportuale; t. blindata, struttura muraria o metallica usata a volte in miniera per l’attraversamento di terreni invasi dalle acque; t. d’estrazione (o anche castelletto d’estrazione), costruzione a traliccio verticale disposta in corrispondenza dei pozzi petroliferi e di quelli delle miniere, nei primi per l’ancoraggio dei dispositivi di sostegno e di manovra delle aste di perforazione e delle tubazioni, nei secondi per il sostegno degli organi di sollevamento delle gabbie o degli skips; t. di lavaggio (anche colonna di lavaggio o scrubber), apparecchiatura impiegata per la depurazione dei gas; torri per missili, di due tipi: t. di servizio, costruzione a traliccio affiancata al missile durante la fase di preparazione per montaggio, rifornimento, ecc., che viene allontanata poco prima del lancio, e t. o rampa di lancio, struttura di sostegno del missile per conservarne la corretta orientazione durante la fase di partenza; t. piezometrica, serbatoio che si dispone, per ragioni di regolazione della linea piezometrica, in corrispondenza di punti particolari delle condotte adduttrici degli acquedotti (v. piezometrico); t. di raffreddamento, apparecchiatura dove si compie il raffreddamento dell’acqua usata come fluido refrigerante negli impianti industriali; t. di scarico, grossa incastellatura metallica, mobile o fissa, portante un impianto, generalmente pneumatico, per lo scarico di materiali polverulenti o granulari da navi; t. di presa, edificio destinato alla derivazione di acqua da un lago artificiale. In partic., t. solare, strumento astronomico per l’osservazione del Sole, che impiega obiettivi di grande lunghezza focale al fine di ottenere immagini reali di luminosità e di dimensioni sufficienti a risolvere la granulosità e altri dettagli fini della superficie solare: il diametro dell’immagine del Sole misura infatti tanti centimetri quanti sono i metri della lunghezza focale, per cui di solito lo strumento è di notevoli dimensioni; in esso un celostato, posto alla sommità di un edificio elevato in altezza (generalmente una torre in cemento armato o in tralicci di ferro la cui altezza può raggiungere anche 50 metri), invia la luce solare verso un sistema ottico fisso che forma l’immagine al livello del suolo o addirittura in locali sotterranei (per evitare che variazioni termiche alterino il percorso dei raggi di luce) dove sono posti gli strumenti di osservazione, tra i quali uno spettrografo che permette di analizzare lo spettro della luce solare. 5. Negli impianti di produzione dell’acido solforico, torri di Gay Lussac 〈ġè lüsàk〉 (dal nome del chimico e fisico fr. J.-L. Gay-Lussac, 1778-1850), parti dell’impianto in cui avviene il recupero degli ossidi d’azoto con formazione della nitrosa; torre di Glover 〈ġlḁ′vë〉 (dal nome dell’ingegnere chimico ingl. John Glover, 1817-1912), in cui avviene la decomposizione della nitrosa con produzione di acido solforico e messa in libertà degli ossidi d’azoto. 6. Nella terminologia alpinistica, cima montuosa o roccia isolata a pareti quasi verticali e con una spianata in vetta, simile per queste caratteristiche a una torre: le Cinque t., le t. del Vaiolét, nelle Dolomiti. 7. Torre del silenzio: nome dato in etnologia a una forma tipica di sepoltura per esposizione in uso presso la comunità zoroastriana dei Parsi (v. sopraelevazione), nota anche con il nome persiano di dakhmah. 8. Pezzo del gioco degli scacchi che raffigura una torre: ognuno dei due giocatori dispone, nella propria serie di pezzi, di due torri, che all’inizio della partita sono collocate nelle case d’angolo della scacchiera; la torre si può muovere senza limiti nei due sensi, verticale e orizzontale; costituisce un pezzo maggiore di grande efficacia, soprattutto per la mossa dell’arrocco (v.), che coinvolge anche il movimento del proprio Re. 9. Danza popolare calabrese che pescatori e contadini eseguono in certe feste paesane: disponendosi gli uni sopra gli altri in più ordini, e cioè quattro nel primo, tre nel secondo, due nel terzo e uno nell’ultimo, i danzatori formano una piramide la quale incede a doppio movimento, uno progressivo e l’altro di rotazione, cantando un inno in onore del santo protettore. ◆ Dim. torrétta, anche con sign. tecnici partic. (v. la voce), torricèlla (v.), non com. torricino e torrino m. (i Torricini del Palazzo Ducale, a Urbino; il Torrino di S. Rosa, a Firenze); spreg. torricciòla; accr. torrióne (v.); pegg. torràccia. V. anche torracchione e torrazzo.