traduttese
s. m. (iron.) Il modo di tradurre e la lingua usata dai traduttori che cercano di imitare lo stile dell'opera originale, specialmente se narrativa, a costo di banalizzazioni e semplificazioni; anche, lo stile e il lessico adottati da scrittori che intendono rifarsi a modelli stranieri di successo. ◆ Il processo mentale che da un testo nella cultura emittente producesse un testo nella cultura ricevente, senza attraversare una fase intermedia di trasformazione in materiale mentale poi riconvertito e riverbalizzato, non sarebbe traduzione testuale, ma creerebbe un prodotto di scarto in cui a volte si percepiscono le tracce in quello che viene chiamato «traduttese» […]. (Bruno Osimo, Manuale del traduttore: guida pratica con glossario, Hoepli, 2004, p. 95) • [tit.] Ora si scrive in «traduttese» / Semplificazione sintattica, banalità lessicali, punteggiatura dispersa: la prosa degli autori italiani assomiglia sempre più a quella degli stranieri nella versione in cui li legge il pubblico. (Sole 24 Ore.it, 25 maggio 2008, Domenica).
Derivato dal s. m. tradutt(ore) con l’aggiunta del suffisso -ese.