transistore
transistóre s. m. [adattam. dell’angloamer. transistor: v. la voce prec.]. – Dispositivo elettronico a semiconduttori che permette il controllo di un segnale di uscita da parte di un segnale d’ingresso, e che svolge tutte le funzioni dei tubi termoelettronici (negli amplificatori, nei multivibratori, negli interruttori elettronici, ecc.), con dimensioni e costi enormemente inferiori, continuamente ridotti dallo sviluppo di nuove tecnologie costruttive che hanno reso possibile la realizzazione dei circuiti integrati e lo sviluppo della microelettronica; nella configurazione di base il transistore è un triodo, ossia un dispositivo a tre elettrodi, che corrispondono a zone semiconduttrici drogate in modo differente, ciascuno dei quali può essere preso come polo in comune tra l’ingresso e l’uscita. Il tipo più diffuso, il t. bipolare a giunzione, è costituito da una serie di due giunzioni fra tre zone semiconduttrici, dette emettitore, base e collettore, con tipo di drogaggio alternato, per cui si possono avere transistori pnp e npn, a seconda che la base abbia un drogaggio di tipo n o p (v. drogaggio, n. 2); con una opportuna polarizzazione delle due giunzioni si ottiene l’effetto transistore (su cui si basa il funzionamento del dispositivo e da cui discende il nome) che consiste nel transito di una stessa corrente attraverso due succesive giunzioni caratterizzate da conduttività assai diverse tra loro, cioè nel trasferimento di quella corrente da una bassa resistenza d’ingresso a un’alta resistenza di uscita (il transistore si avvicina dunque a un generatore ideale di corrente); con opportune scelte dell’elettrodo in comune (per cui si parla di t. a emettitore, a base o a collettore comune) e della rete d’ingresso e di uscita si possono ottenere i diversi modi di funzionamento come amplificatore di tensione o di corrente, come adattatore d’impedenza, ecc.; finché il segnale di uscita si mantiene proporzionale al segnale d’ingresso, si dice che il transistore è in zona attiva; si dice invece che il t. è in interdizione quando la tensione tra base ed emettitore non è sufficiente a polarizzare la giunzione, per cui non scorre corrente tra emettitore e collettore, e in saturazione quando anche la giunzione collettore-base è polarizzata direttamente: in questo caso il transistore si comporta come un corto circuito, e può essere quindi usato come interruttore elettronico se viene fatto passare dall’interdizione alla saturazione mediante un segnale di controllo sulla base; t. a punta di contatto, o a contatto puntiforme, il primo tipo di transistore, nel quale solo la base è semiconduttrice, mentre emettitore e collettore sono costituiti da due punte in metallo; t. a effetto di campo o FET (acronimo dell’inglese field effect transistor), o anche t. unipolare, transistore nel quale la conduzione della corrente avviene ai due capi (detti source o «sorgente», e drain, ossia «scarico») di una lamina semiconduttrice detta canale, stretta tra due regioni semiconduttrici con drogaggio opposto al canale, che costituiscono il gate («porta», in inglese); la densità delle cariche di conduzione del canale dipende dalla tensione applicata tra i due capi del gate: la corrente che scorre tra sorgente e drain è quindi proporzionale a una tensione di controllo, per cui il FET si può considerare un amplificatore di transconduttanza; una variante di FET è il FET a ossido di metallo, o MOSFET, che è il transistore che più si adatta alla miniaturizzazione richiesta dai circuiti integrati; t. unigiunzione, costituito da una barretta di semiconduttore in cui, in una zona intermedia, è realizzata una giunzione con una regione di tipo opposto (emettitore); il suo funzionamento si basa sulla possibilità di ridurre la resistenza tra gli estremi dell’elemento (basi) iniettando portatori di carica dall’emittore, polarizzato direttamente.