tregua
trégua (o trègua, ant. triègua) s. f. [dal lat. mediev. treuga, di origine germanica]. – 1. Sospensione temporanea delle ostilità stabilita da due belligeranti ed estesa a tutto il teatro di guerra o a un solo settore, stipulata per raccogliere feriti, seppellire morti, prendere misure igieniche, chiedere ordini e istruzioni per agevolare trattative, ecc.: fare t. o una t. (far t. col nemico; i due eserciti hanno fatto una t.); chiedere una t.; accordare, concedere una t.; una t. di otto giorni, di due mesi; durante la t., nel periodo della t.; rompere, violare la t., ecc. (si dice anche, con e-spressione più completa ma pleonastica, t. d’armi). Con sign. più generico, sospensione temporanea delle azioni belliche, anche non conseguente a un patto: il giorno di Natale, quasi per un tacito accordo, c’è stata una t. su tutto il fronte. 2. estens. Sospensione di qualsiasi ostilità, cessazione temporanea da una lotta, da rivendicazioni, anche tra fazioni o partiti politici, in campo sindacale, o tra gruppi avversarî o tra privati: queste famiglie ... combatterono molti anni insieme ... e le inimicizie loro, ancora che le non finissero per pace, si componevano per triegue (Machiavelli); tra i due rivali si accese una lotta accanita, che non ebbe mai tregua. Nel sign. proprio, e più spesso negli usi estens. e fig., t. armata, sospensione temporanea di una lotta o di una situazione di contrasto e di polemica, che conserva tuttavia un atteggiamento di sospetto e diffidenza contro un possibile attacco avversario. In partic.: a. Nel linguaggio sindacale, t. salariale, impegno dei lavoratori, espresso dai loro rappresentanti, di non avanzare richieste di aumenti di retribuzione per un determinato periodo di tempo. b. T. doganale, sospensione delle ostilità internazionali di natura economica (inasprimento dei dazî doganali, divieti all’importazione e altre misure tendenti a colpire l’economia di un paese). c. In etnologia, la momentanea cessazione delle ostilità eventualmente esistenti tra i varî gruppi, attuata durante le riunioni delle diverse tribù in occasione delle feste cicliche (di iniziazione, di Capodanno, dei morti), propria di alcune culture etnologiche (Australia, Melanesia, alcune tribù indiane degli Stati Uniti centrali e orientali e dell’Amazzonia). d. T. di Dio, istituto medievale (formulato in modo particolareggiato nel Concilio Lateranense del 1179), per cui, per rispetto religioso e per obbedienza a prescrizioni della Chiesa, si interrompevano per determinati brevi periodi di tempo tutti gli atti di guerra e di rappresaglia (per es., dalla notte del giovedì al mattino del lunedì, dal Natale all’Epifania, intorno alla Pasqua). 3. fig. Cessazione, pausa, sosta, riposo, riferito a condizioni e situazioni dolorose, penose, spiacevoli: Le sue permutazion non hanno triegue (Dante, della Fortuna); dolori, sofferenze che non hanno t., che non danno tregua; è un seccatore che mi perseguita senza t.; ha piovuto senza t. per quindici giorni; per condurre a termine il restauro, ha lavorato senza t. per un mese intero; solo verso sera il dolore di denti mi ha dato un po’ di tregua. Nell’uso poet. ant., fare tregua con i sospiri, con i pensieri, cessare di sospirare, di preoccuparsi: Giust’è ch’e’ faccia ormai co’ sospir triegua (Poliziano); il messo ... Toglie, affrettando il suo partir, congedo, E tregua fa co’ suoi pensier Goffredo (T. Tasso); con altro sign., venire a patti, venire a un compromesso: Non far tregua coi vili (Manzoni).