ultimo
ùltimo agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. ultĭmus, superlativo, der. di ultra «oltre»]. – 1. a. Che è in fondo a una sequenza formata da un numero qualsivoglia di elementi; che in una sequenza ordinata non è seguito da altri: l’u. giorno del mese; l’u. gradino di una scala; l’u. canto di un poema; arrivare u., classificarsi u. (scherz. o iron., buon u.), in una gara, in un concorso, ecc.; Ultimo viene il corvo, titolo di un racconto di I. Calvino; si è presentata u., e il posto era già preso (ma nell’uso corrente, quando ha funzione appositiva, è preceduto dalla prep. per: lo seppi per u., parlò per u.); l’u. fila, nella platea di un teatro, in un gruppo di persone ordinate in file, ecc.; l’u. pagina di un libro; l’u. riga di una pagina; fare l’u. anno di università; l’u. figlio, l’ultimogenito; l’u. quarto della Luna, la fase corrispondente alla seconda quadratura; l’u. opera di uno scrittore; l’u. giorno di proiezione di un film; le u. note di una canzone; su una retta non c’è né un primo né un ultimo punto. In locuz. particolari: dare l’u. mano a una parete, a un mobile, ecc., dare la mano finale di vernice (estens., dare l’u. mano a un lavoro, rifinirlo); in u. istanza, v. istanza; calcolo allo stato limite u. di una struttura, nella scienza delle costruzioni, il calcolo della struttura stessa effettuato tenendo conto della sua massima resistenza statica; in espressioni iperb. indicanti totalità, esclusione di qualsiasi eccezione: tutti i cittadini, dal primo all’u., risposero all’appello; ho pagato tutto, fino all’u. centesimo (o fino all’u. lira); in correlazione con primo per indicare l’unicità di un’azione o di un fatto: questo è il primo e l’u. scherzo che mi fanno; fu il primo e l’u. incontro che ebbi con lui. Frequente la locuz. l’u. volta: è l’u. volta che ci vengo; fu la prima e l’u. volta che lo vidi; con valore avv.: l’u. volta che andai a trovarlo stava già poco bene. b. Al plur., riferendosi con approssimazione non solo alla cosa o persona che è in fondo alla serie, ma anche a quelle che immediatamente la precedono (penultimo, terzultimo, quartultimo, ecc.): si è classificato fra gli u. concorrenti; gli u. giorni del mese, dell’anno; le u. settimane di lezione. 2. a. Che è temporalmente posteriore a tutti gli altri: l’u. scontro fu il più sanguinoso; la sua u. bricconata è di stamattina; la commedia, o la partita, era alle u. battute; l’u. parola, con varî sign. (v. parola, n. 6 a); le u. parole famose, frase scherz. o più spesso iron. con cui si commenta un’affermazione o una previsione perentoriamente formulate ma chiaramente smentite dai fatti successivi (cfr. l’ingl. famous last words); frequente la locuz. avv. in u. analisi, dopo aver tutto ben considerato, in conclusione, in fondo. Spesso si sottintende un limite di tempo (la morte, una partenza, ecc.): le u. volontà, le disposizioni testamentarie; esalare l’u. respiro, morire; e tutti l’u. sospiro Mandano i petti alla fuggente luce (Foscolo); gli u. addii; le u. raccomandazioni prima della partenza; preceduto da art. indet. acquista un valore rafforzativo: fare un u. tentativo, fare un estremo tentativo, ancora un tentativo; dare un’u. occhiata al panorama, dare ancora un’occhiata. Di cosa o persona cui si ricorre in caso di estrema necessità: questa sarà l’u. concessione che faccio, dopo tutte le altre già fatte; è l’u. carta che possiamo giocare, dopo la quale non abbiamo altre possibilità di riuscire nel nostro intento; tu sei la nostra u. speranza; anche la Speme, Ultima Dea, fugge i sepolcri (Foscolo). b. Che è il più prossimo nel passato, il più recente: le u. notizie, notizie dell’u. ora, nei giornali, e anche alla radio e alla televisione; le u. novità; l’u. moda, all’u. moda; questo cappellino è l’u. grido (traduz. del fr. dernier cri), segue la moda più recente; in locuz. temporali: all’u. momento, all’u. ora (o all’ultim’ora), allo scadere del tempo disponibile o stabilito (all’u. momento la cerimonia fu rimandata; si decide sempre all’u. ora); la notizia è stata data nell’u. edizione del telegiornale; negli u. tempi gli affari sono peggiorati. Immediatamente precedente: quest’u. affermazione, quella testé fatta; l’u. domenica sono stato a Roma, domenica scorsa; talora seguito da scorso (abbrev. u. s.), spec. in notiziarî, comunicati e sim., con riferimento a giorno o mese per precisare che si tratta del più prossimo nel passato: il 15 febbraio u. scorso (o u. s.) i lavori hanno avuto termine. c. Che è nella parte marginale di un luogo; estremo: le u. propaggini dell’Appennino tosco-emiliano; gli u. territorî abitati; l’u. lembo di terra italiana; in usi letter. e poet., il più lontano, remoto, riferito a luoghi: Tutte son qui le spade Dell’ultimo Oriente (Filicaia); questa siepe, che da tanta parte Dell’u. orizzonte il guardo esclude (Leopardi); molto lontano, remoto: La divisa dal mondo u. Irlanda (T. Tasso); ultima Tule, adattam. grafico della locuz. lat. ultima Thule, attestata in Virgilio e in Seneca per designare l’estremo limite settentrionale del mondo, e ancora a volte usata per indicare una terra lontanissima (per l’espressione fig. u. spiaggia, v. spiaggia, n. 2 c). d. Che è il più lontano nel tempo futuro: fino agli u. secoli, alle u. generazioni; Serse per l’Ellesponto si fuggia, Fatto ludibrio agli u. nepoti (Leopardi). e. letter. Che è il più remoto nel tempo passato: si vantava di essere fiorentino fin dalle u. origini della sua famiglia; quindi, per estens., primario, fondamentale: Dio è la causa u. dell’universo. 3. a. Che, per la sua scarsa importanza, è posposto o può essere posposto ad altri o addirittura trascurato: lo studio è per lui l’u. preoccupazione; l’u. (o la quinta) ruota del carro, espressione prov. riferita a persona che in un ambiente, in una comunità o in un gruppo, ecc., ha minima importanza; com. la locuzione partic. (con valore di litote) non ultimo, non il più trascurabile, uno tra i più apprezzabili: non u. causa delle sue disgrazie è stata la sua prodigalità; Iacopo Nardi, non u. tra gli storici italiani del Cinquecento. Di qui le espressioni circonlocutorie con le quali si accentua la lontananza del proprio pensiero da un fatto, realizzatosi o non realizzatosi: questa è l’u. cosa che avrei pensato di fare, che avrei voluto fare; è l’u. persona che avrei creduto capace di un’azione simile. b. Che, riguardo al suo valore, è inferiore agli altri; che vale meno degli altri: quello è l’u. avvocato della città, non lo voglio come difensore; merce di u. qualità, scadente. Talora, invece, ultimo allude non al grado inferiore ma al grado finale, al grado sommo cui può giungere il valore di una cosa o di una persona: Michelangelo ha raggiunto, nell’arte, le u. possibilità dell’ingegno umano; anticam. con uso elativo assai più vasto: è da sapere che le cose deono essere denominate da l’u. nobilitade de la loro forma (Dante), dalla più alta, dalla somma; somma ed u. qualità è quando ciascuna sillaba ha in sé l’una e l’altra di queste parti (Bembo). 4. a. Con valore di sost. e col sign. fondamentale: Gesù disse che gli u. saranno i primi; chi è l’u. della fila?; è arrivato tra gli u.; rimanere l’u.; fui l’u. a saperlo; prov. ride bene chi ride u., promettendo o pronosticando una rivincita su chi attualmente gode qualche successo. In alcune locuz., seguito da participio passato: l’u. nato, il figlio che è nato per ultimo, l’ultimogenito; l’u. arrivato, il concorrente che è arrivato ultimo in una gara di corsa; l’u. classificato; l’u. venuto (o anche l’u. arrivato), la persona che è arrivata per ultima in un luogo o, per estens., in un ufficio, in un’amministrazione e sim.: ma che ha da criticare, che è l’u. venuto?; è mortificante che gli u. venuti dettino già legge in questo ufficio. In senso fig., con riferimento alla competenza professionale, in frasi negative e con valore di litote: nel suo campo non è l’u. arrivato! Alludendo a persona che per valore è inferiore a tutti gli altri, che vale meno degli altri: l’u. della classe; l’u. dei pittori; non sarà il primo ma non è neppure l’u., tra i miei allievi. b. Come s. m., per ellissi di un sost. di genere masch.: l’ultimo del mese, l’ultimo dell’anno, l’ultimo giorno del mese, dell’anno; anche al plur.: gli u. del mese, dell’anno (sottint. giorni). Con valore neutro, il tempo estremo, il periodo finale (per lo più nelle locuz. all’ultimo e nell’ultimo): siamo ormai all’ultimo dello spettacolo; quasi nell’ultimo della sua vita (Sacchetti); più genericam., punto estremo, stremo: essere, o essere giunto, all’ultimo delle proprie forze, delle proprie possibilità. c. Come s. f., per ellissi di un sost. di genere femm.: questa è l’ultima che mi fa, l’ultima mascalzonata; questa è l’ultima che fa quell’assassino (Manzoni); facciamo l’ultima e poi andiamo a casa, l’ultima partita, l’ultima giocata; la sai l’ultima?, l’ultima novità, la notizia più recente, la barzelletta più nuova. 5. Come s. m. con valore neutro, in varie locuz. aventi funzione di avverbî temporali: in ultimo, sull’ultimo, negli ultimi tempi, verso la fine (in ultimo si ravvide; sull’ultimo si convinse ad agire); da ultimo, alla fine, in fondo: da ultimo si appurò che l’accusato aveva un alibi inattaccabile; da ultimo saranno distribuiti i premî; all’ultimo, all’ultimo momento, o infine, finalmente: all’ultimo si seppe che lo spettacolo non avrebbe avuto luogo; all’ultimo ti sei deciso!; fino all’ultimo, fino alla fine, fino in fondo: gli è rimasto fedele fino all’ultimo. ◆ Attenuatosi il senso dell’originario valore superlativo di ultimo, si è formato il superl. ultimìssimo, usato per lo più con valore enfatico: non è arrivato ultimissimo, ma tra gli ultimi; l’ultimissima della notte, l’ultima edizione di un giornale della sera; un paese situato nelle ultimissime parti del mondo; tu sei non l’ultimo, ma l’ultimissimo ad avere diritto di parlare. Al femm. plur. e con valore assol., ultimissime, le notizie dell’ultima ora, inserite quando il giornale sta per andare in stampa. ◆ Per l’avv. ultimaménte, usato con accezioni proprie, v. la voce.